IL TEMPO (A. AUSTINI) - Ancora quei due. Sempre loro due. Kolarov suona il primo colpo, Dzeko piazza la testata del ko all'ultimo secondo. È sempre la Roma del tandem slavo, due leader tecnici, emotivi, caratteriali che tante volte hanno costruito, quasi da soli, vittorie esaltanti.
Li voleva entrambi Conte all'Inter, hanno scelto di rimanere in una squadra in cui non credeva più nessuno. E ora Fonseca, giustamente, non li toglie mai. La vittoria di Bologna ha un significato speciale e si porta dietro un senso di giustizia. Il rigore per i rossoblù non c'era, almeno una delle due ammonizioni di Mancini è severa, tutti gli episodi «mezzi e mezzi» nell’area dei padroni di casa sono stati giudicati a senso unico. E il paradosso è che alla fine pubblico e giocatori del Bologna se la sono presa con Pairetto, per un fallo fischiato a Santander da cui è nata l’azione del 2-1.
Dzeko non si è fatto pregare, finta di attacco sul primo palo e movimento a smarcarsi da Denswil, colpo di testa imparabile e corsa ad esultare sotto il settore ospiti pieno di romanisti impazziti. Con il gol di ieri il bomber bosniaco è arrivato a quattro gol stagionali in sei match, 91 su 184 gare da romanista, 277 complessivi in carriera su 625 partite nei club. Gliene mancano 11 per agganciare Montella al sesto posto nella classifica dei marcatori giallorossi nella storia. Ieri sembrava una di quelle giornate storte in cui non gli riesce la prima giocata, si immalinconisce, si nasconde e non si sblocca quando gli arriva un buon pallone. E invece eccolo lì, al posto giusto al momento giusto nell’area avversaria, come aveva fatto l’anno scorso a Torino e a Frosinone.
Stavolta ha segnato un gol ancora più insperato visto che la Roma era rimasta in dieci e si stava accontentando del pareggio. «E ancora più bello - racconta Edin alla fine - vincere all'ultimo respiro. È stata una partita difficile contro una squadra tosta, ma abbiamo meritato anche perché il rigo re per loro era un po' regalato. Siamo tutti impazziti dopo il 2-1, noi e i tifosi, sono contento perché loro sono sempre al nostro fianco. Abbiamo lanciato un messaggio a noi stessi, siamo forti e convinti del nostro gioco, possiamo migliorare e questa vittoria ci dà tanto».
L'ha costruita insieme all’inseparabile amico Kolarov, che si è dannato l’anima fino all'ultimo, alla faccia dei 34 anni da compiere il prossimo novembre. Ieri ha segnato la sesta punizione diretta da quando gioca nella Roma, tutte pesantissime, solo Messi ha fatto meglio di lui nei club con 12 centri. I gol in giallorosso sono 15 e farebbe il difensore, i numeri dicono tanto, ma non spiegano abbastanza. Kolarov è l’uomo forte del gruppo, la faccia cattiva da mostrare nelle avversità, anche ai compa ieaitifosi se ce n'è bisogno. E all'arbitro: «Sono convintissimo di aver colpito il pallone e poi Sansone - dice a proposito del rigore - non posso sparire e ho chiesto a Pairetto di vederlo al Var. Dopo neanche dieci secondi mi ha detto che il penalty era confermato. L'errore poteva compromettere la partita, speriamo non accada più».
Il suo ottimismo sulla stagione è linfa vitale. «Questa gara era fondamentale per indirizzare il campionato, stiamo bene, facciamo correre gli avversari e risparmiamo energie. Sulla punizione avevo sentito chela barriera non sarebbe saltata e ho deciso di calciarla sopra». Se tutti avessero la sua sicurezza e intelligenza in campo, sarebbe più facile sognare.