LA REPUBBLICA (M. PINCI) - Forse una volta nel firmare una maglia di Totti avrebbe avuto un briciolo d'imbarazzo. Ieri, prima di risalire sul pullman che doveva riportarlo verso Roma, Edin Dzeko ha sorriso e scarabocchiato il proprio nome accanto a quello del Mito facendo felice il bimbo che gliela porgeva. E a nessuno sembra lesa maestà, anzi. La differenza tra la Roma e il Lecce, oggi, è proprio Dzeko. Che con il secondo colpo di testa in sette giorni ha ridato fiato a una squadra soffocata per un tempo dagli avversari e dal caldo estivo che mordeva le gambe al Via del Mare. Quel gol, insieme a quello al Bologna di una settimana fa, segna la differenza in classifica tra i giallorossi romani e quelli salentini: senza quei gol sarebbero entrambe a 7, e invece la Roma è a un punto solo dal Napoli, con Edin. Novantadue reti in 186 gare in giallorosso, con Lecce diventata la 178 città in cui ha lasciato la propria impronta, Se Conte lo voleva all'Inter, Fonseca non è disposto a farne a meno, unico insieme a Kolarov tra i giocatori di movimento a non aver saltato nemmeno un minuto di campionato. La vulgata lo vuole gigante dai piedi di velluto ma poco incline al gioco sporco. Quello di ieri al Lecce invece è il 15° gol di testa da quando è alla Roma: stavolta però è servito anche un piccolo aiuto esterno dal portiere Gabriel, disastroso sul gol del colosso bosniaco e anche prima in varie occasioni, ma poi risorto dalle proprie ceneri per schiaffeggiare in corner il rigore con cui Kolarov avrebbe potuto chiudere la partita (su un altro abbastanza chiaro l'arbitro Abisso aveva sorvolato nel primo tempo). E certo la Roma a quel punto avrebbe meritato di godersi i titoli di coda con i popcorn in braccio e la testa all'Europa League che l'attende giovedì a Graz, dove il Wolfsberg gioca le partite europee interne nonostante gli 80 chilometri che separano le due città. Quel giorno nella Roma tornerà Zaniolo, lasciato ancora fuori e ancora furoreggiante una volta entrato: una specie di piede di porco negli equilibri della partita che avrebbe potuto chiudere in quegli ultimi minuti da fato sospeso. Certo è più facile resistere con Smalling: se Dzeko è il totem intorno a cui danzare, lui è quello che tiene fuori dalla festa gli ospiti indesiderati. «Avremmo potuto fare 5 o 6 gol», gonfia il petto Fonseca che però ha perso Pellegrini per una fascite plantare è ha temuto pure per Mkhitaryan, che si teneva l'adduttore ma non sembrava preoccupato (se non quando ha dimenticato Il cellulare nello spogliatoio). Per il Lecce invece ancora complimenti ma anche il terzo ko in 3 gare in casa, oltre alla certezza che per salvarsi non basta giocare bene.