LA REPUBBLICA (M. PINCI) - C’è chi il venerdì sera lo passa a cena con gli amici, chi in discoteca. E chi al telefono con un vecchio compagno di squadra. Era venerdì sera quando Daniele De Rossi ha chiamato Nicolas Burdisso, ieri difensore della Roma, oggi direttore sportivo del Boca: «Va bene Nicolas, vengo a Buenos Aires». Così, a una cinquantina di giorni dall’addio alla Roma, ricomincia la carriera da calciatore dell’ormai ex capitano giallorosso, che alcuni segnalano già in Argentina. A meno di (clamorosi) colpi di scena, non ancora da escludere. Dopo un’estate di dubbi e tentennamenti, di decisioni prese e poi rimangiate, ha vinto il pressing di Burdisso, che da venerdì aveva deciso di volersi inserire in quella voglia di De Rossi di continuare a giocare a calcio. Accordo chiuso in poche ore, domenica era già cosa fatta o quasi, da ieri la benedizione del suo agente Sergio Berti, che dopo il “no” del giocatore allo United nel 2013 aveva forse rinunciato all’idea di firmare un trasferimento dell’ex numero 16 romanista. Al Boca De Rossi guadagnerà 500 mila euro per i prossimi 8 mesi — lì il campionato inizierà a fine luglio — al termine dei quali dovrà prendere una nuova decisione: continuare a giocare, magari in Mls nel Los Angeles Fc che già lo ha contattato (agevolato dal tramite di Pallotta, di cui l’azionista di maggioranza è socio). Oppure lasciare il calcio giocato e seguire Roberto Mancini in Nazionale per fargli da vice. Adesso però può godersi il fascino di un club per cui non ha mai nascosto di avere più di una semplice simpatia: anni fa dal Boca, tramite l’ex compagno Paredes, gli inviarono una maglia del club col numero sedici, che lui mostrò orgoglioso. Di certo, la soluzione argentina è arrivata alla fine di un percorso decisamente tortuoso. Appena tornato dalle vacanze alle Maldive con la moglie Sarah, De Rossi era stato sul punto di accettare il corteggiamento di altri due vecchi amici, Vincenzo Montella e Daniele Pradè, che lo volevano con loro alla Fiorentina. Un primo sì, poi una notte di tormenti e il ripensamento per non “tradire” la maglia della Roma. L’idea di chiudere col calcio lo ha sfiorato spesso, e in quel solco era già diventata suggestione la prospettiva di iniziare un percorso da allenatore accanto a un tecnico come Mancini e su una panchina nobile come quella azzurra. Ma il richiamo del campo in quei giorni era ancora molto forte. Tutto fatto, tranne la firma. E per questo va tenuto un minimo di dubbio: se pure cambiasse idea, non sarebbe la prima volta.