Alcune volte, quando ci ripensa, gli fa ancora male. Perché alcune ferite restano sulla pelle e continuano a sanguinare. E per uno come lui, che a Trigoria ci porta mano nella mano anche il nipotino Orlando, quelle dimissioni fecero malissimo. Perché la Roma se la sentiva come una cosa sua già allora ovviamente e averla ritrovata adesso non può che fargli bene. Come tornare a Genova, appunto, contro il Genoa. Già, perché quel 20 febbraio 2011 la Roma subì una delle sconfitte più clamorose della sua storia, battuta per 4-3 dai rossoblù dopo essere stata in vantaggio addirittura per 3-0 fino al 50’. Adesso Ranieri può prendersi la sua rivincita personale, magari con una vittoria che abbia anche il gusto della Champions. (...)
(...) A fine partite si dimise. «Ho sempre pensato al bene della Roma, del club e della squadra – disse alla fine il tecnico giallorosso –. Ogni minuto della mia giornata è per la Roma, per me una sconfitta qui fa più male che altrove. E dopo una partita così è giusto dare un segnale, per amore di questi colori e per spronare la squadra».
Adesso, invece, a Marassi ci torna con una Roma diversa. In salute, rinfrancata nel cuore e nell’animo, migliore nell’autostima e nella fiducia. Una Roma capace di portare a casa 11 punti nelle ultime cinque partite e di rimettersi in piena corsa per la Champions League. Una Roma che, tra l’altro, se è tornata a sentirsi viva è soprattutto merito suo, che nell’ultimo mese e mezzo è come se gli avesse staccato
le bombole d’ossigeno per insegnarle di nuovo
le tecniche di respirazione. (...) In realtà, però, Ranieri oltre che l’infermiere ha fatto anche lo psicologo, lavorando a fondo sulla testa dei giocatori giallorossi, ridandogli coraggio e stima in se stessi e allontanando tutte le paure di cui erano vittime fino al suo arrivo. (...)
(gasport)