AS ROMA MATCH PROGRAM (T. RICCARDI) - Il suo 10 aprile da romanista è stato un altro. Non quello che in questi giorni stanno celebrando tutti a distanza di un anno, Roma-Barcellona 3-0, "vissuta a casa da tifoso, con la mia famiglia". Ma quello di tredici anni prima, del 2005. Contro l’Udinese, al Friuli. È la sua prima volta da calciatore professionista. Valerio Virga – classe 1986 – esordisce quel giorno in Serie A con la maglia giallorossa, "quella del mio cuore". Ha giocato in tutte le competizioni: campionato, Champions League e Coppa Italia. 17 presenze complessive tra il 2005 e il 2009 segnando 1 gol, alla Triestina in Coppa Italia. "Io c’ho la pelle giallorossa, ma ammetto che faccio fatica a vedere la Roma in televisione…".
Spieghi meglio, fa fatica a vedere la Roma?
"A volte piango anche e sono costretto a spegnere la tv. Ma è per il fatto che io stavo lì, ne ho fatto parte e quel senso di incompiuto non mi abbandona. È difficile da spiegare, soprattutto per chi le legge parole di questo tipo".
A dire il vero un suo ex compagno di squadra, Simone Palermo, dichiarò una cosa simile sempre al match program: "Non entrerò mai più allo stadio Olimpico, quello è il luogo dei miei sogni rimasti in sospeso".
"Esattamente. È questo concetto qui. E non è nemmeno un senso di rivalsa o di rabbia verso la Roma, anzi. A Trigoria sono cresciuto e diventato uomo. Oggi gioco nella Biellese, in Serie D, ma per tutti sono Valerio Virga, ex giocatore della Roma. E io sarò sempre grato a due persone…".
Quali?
“Bruno Conti e Alberto De Rossi. Il primo mi prese dal Monterotondo e mi portò nel settore giovanile dandomi la possibilità di fare tutta la trafila. Non solo, con lui ho esordito in Serie A a Udine dandomi tanta fiducia. Entrai al posto di Massimiliano Marsili, che non fu fortunato e venne sostituito da me dopo mezzora di gioco. Quel giorno in tribuna c’era tutta la mia famiglia e subito dopo il mio ingresso in campo sfiorai il gol, Morgan De Sanctis fece una grande parata su una mia conclusione. Per me Bruno è come Padre Pio, un santino”
Ha citato anche Alberto De Rossi.
“Semplicemente l’uomo più importante della mia carriera. Mi ha allenato dai Giovanissimi Nazionali fino alla Primavera, abbiamo vinto tanto. Nella stagione del mio debutto in campionato, facevo la spola con la Primavera e alla fine vincemmo il campionato a Lecce. Dico la verità, non riesco più ad accettare di non vedere più Alberto in vita mia. Quando mi sintonizzo su SportItalia per seguire la Primavera e lo vedo, mi emoziono. Penso a tanti momenti vissuti insieme, indimenticabili”.
A proposito di simboli, lei era in panchina in quel Sampdoria-Roma 2-4 in cui Totti fece quel gol meraviglioso di sinistro al volo. In un’inquadratura, si nota anche il suo volto tra l’incantato e lo stupito.
“Ho ancora quel video sul mio cellulare, me lo hanno mandato degli amici e l’ho sempre conservato gelosamente. Che dire di quel gol? Pazzesco. Ma non era certo il primo che faceva Francesco. In allenamento e in partita dispensava continuamente colpi di genio. La mia faccia in quell’occasione dice tutto. È stato un onore far parte di quella squadra con tanti campioni e di essere stato parte della Roma per un periodo”.
Giocò anche in Champions League e segnò un gol in Coppa Italia.
“Grazie a Spalletti, che mi tenne a Roma nella stagione 2006-2007 facendomi sentire importante. Così come il direttore sportivo, Daniele Pradè. In Champions scesi in campo dal primo minuto nella partita con il Valencia, che era decisiva per accedere gli ottavi di finale. La vincemmo, segnò Panucci, io rimasi in campo per ottanta minuti circa e passammo il turno. In Coppa Italia feci gol su assist di Vucinic contro la Triestina nel ritorno degli ottavi di finale. E vincemmo quella coppa in finale con l’Inter. Quel trofeo è anche mio”.
Poi, nel corso della carriera ha girato tanto.
“Ho fatto diverse esperienze anche per via del mio carattere a volte un po’ particolare. Avevo un contratto lungo e oneroso con la Roma che non tutte le società potevano permettersi. Contratto che scadde nel 2014. Tornassi indietro, magari, farei altre scelte. E anche diversi infortuni mi hanno condizionato in vari momenti. Ma in ogni caso non mi lamento, ho fatto del calcio la mia professione e ancora oggi mi tolgo belle soddisfazioni”.
Oggi gioca in Serie D, con la Biellese. E ha cambiato ruolo, è diventato difensore centrale.
“Esattamente. Da esterno d’attacco, ho arretrato parecchio il mio raggio d’azione e ora gioco in difesa. Non è stata una scelta di qualche allenatore o direttore sportivo, è stata una mia decisione. Più scendi di categoria e più calci prendi. In più venivo da un infortunio e non volevo prendere altre botte. Così ho provato a giocare dietro e mi è andata bene. Sto facendo un campionato meraviglioso con la Biellese, una società a cui sono riconoscente e che sta puntando tanto sul sottoscritto. Anche fuori dal campo”.
Fuori dal campo?
“Sì, oltre che fare il calciatore, alleno nel settore giovanile e do una mano a tutte le categorie che posso seguire. Conosco tutti i tesserati di questa società, lavoro tante ore in campo. Quello è il mio habitat naturale”.
Si è trasferito definitivamente al nord, pare di capire.
“Qui sto bene e vivo con la mia famiglia. Non avrò pace finché non avrò contribuito a riportare la Biellese nelle categorie che merita. Lo scorso anno ci abbiamo provato, non è andata bene. Meritiamo di fare il salto e andare più su, così come ha fatto la Pro Vercelli. Un’altra società importante da queste parti, che è sempre andata di pari passo con la Biellese. Però tengo pure a un’altra cosa, la posso chiedere a lei attraverso questa intervista?”.
Prego.
“Mandate i miei saluti ad Alberto De Rossi e Bruno Conti. Li porto nel cuore, come porto nel cuore la Roma. Come già detto, io c’ho la pelle giallorossa…”.