Arbitri, primo passo verso il professionismo

10/04/2019 alle 14:54.
nicchi

IL MESSAGGERO (R. AVVANTAGGIATO) - Dopo la proposta sul reddito di cittadinanza, arriva quella sul riconoscimento del lavoro professionale per gli arbitri. L'Aia tira un'altra linea nel disegno di restyling della figura del direttore di gara non solo nella sue competenze in mezzo al campo (vedi Var) ma anche nella figura dei direttori di gara inseriti nel mondo del lavoro. Ieri, c'è stato un importante passo in avanti, verso la costituzione di futura figura professionistica arbitrale, avanti la Commissione Cultura, Scienze e Istruzione della Camera dei Deputati, che ha recepito la richiesta del presidente dell'Aia, Marcello Nicchi, di inserire, tra i lavoratori sportivi, oltre ad allenatori e calciatori, anche gli arbitri.

I PESI ELETTORALI - «Un successo per l'Aia, perché questa materia troverà soluzione nell'iniziativa legislativa», ha spiegato il numero uno dei fischietti italiani, sottolineando il fatto che la parità tra la figura arbitrale e quella delle altre componenti calcistiche, sarà recepita nel disegno di legge collegato alla manovra finanziaria e riguarda altre disposizioni in materia di ordinamento sportivo, tra le quali c'è appunto quella del riconoscimento delle professioni sportive. Nicchi, ha poi chiesto l'introduzione del reato penale di violenza sportiva per fare fronte all'annoso problema della violenza nel calcio e, in particolare, nei confronti degli arbitri, prospettando una costante applicazione del Daspo nei confronti degli autori di condotte violente, sia essi tifosi o tesserati.

All'audizione alla Camera dei Deputati erano presenti anche i vertici delle altre componenti del calcio italiano. Luigi De Siervo, amministratore delegato della Serie A, è stato diretto nel chiedere una rivisitazione dei diversi pesi delle componenti («noi siamo solo al 12% e ci penalizza») in ambito federale, denunciando il fatto che «il calcio di Serie A non può essere il bancomat di tutto il movimento, pagando 150 milioni l'anno circa». L'ad del principale movimento calcistico italiano, ha poi ribadito che «il limite legato al tema del betting penalizza la A per un centinaio di milioni. Un danno che si ripercuote a livello internazionale per le società italiane».