IL TEMPO (E. MENGHI) - Dalla Spagna all'America rimbalzano parole, pensieri, sentimenti e risentimenti tra un direttore sportivo che andava in direzione opposta e contraria e un presidente che dopo avergli dato carta bianca è rimasto sorpreso, forse in parte tradito, dalla versione dei fatti del primo. Il ping-pong che anima la giornata in casa Roma comincia a Siviglia all'ora di pranzo con la presentazione alla stampa di Monchi e si chiude in serata con la replica da Boston di Pallotta, intervenuto tramite il sito ufficiale del club per fare chiarezza: «A novembre - riavvolge il nastro il patron americano - quando la nostra stagione stava andando di male in peggio e tutti notavano come l’allenatore stesse faticando a ottenere una reazione dai calciatori, chiesi a Monchi un piano B da attuare nel caso in cui le cose fossero ulteriormente peggiorate. Ma lui non ce l’aveva e mi spiegò che voleva continuare con la stessa strategia. Quindi, quando leggo o ascolto certe interviste radiofoniche, in cui sostiene che la proprietà stesse intraprendendo una direzione diversa dalla sua e che questo è il motivo per cui se n'è andato, mi domando: cosa avrebbe voluto fare Monchi di differente? Mi ha chiesto di fidarsi di lui e di lasciarlo fare a modo suo, gli abbiamo dato il pieno controllo e, guardando i risultati e le prestazioni, è evidente che non abbia funzionato». Non è un mistero che Pallotta avrebbe preferito cambiare prima il tecnico e si era avvalso dei consigli di Baldini per farsi indicare, tra i nomi sul mercato, i papabili sostituiti, salvo poi lasciare al dirigente spagnolo l’ultima parola, perché la parte sportiva era di sua competenza e non voleva entrarci a gamba tesa. Ha dovuto farlo, poi, e rivoluzionare tutto agli sgoccioli del campionato per non lasciare nulla di intentato: «Sono rimasto un po’ sorpreso - ammette - nel sentire da Monchi che volevamo intraprendere strade diverse. Fin dal primo momento sono stato molto chiaro sulla direzione che dovevamo intraprendere, ho da subito detto che avrei voluto allenatori di primo livello, preparatori di primo livello, staff medico di primo livello, addetti allo scouting di primo livello, assieme a un'organizzazione calcistica di primo livello. Gli ho consegnato le chiavi per dar vita a tutto questo e ora abbiamo più infortuni di quanti ne abbiamo mai avuti e rischiamo di non riuscire a finire tra le prime 3 perla prima volta dal 2014». E non gli va giù che l'ex diesse dica davanti ai microfoni (e in una diretta Youtube corredata dagli insulti dei tifosi giallorossi) di aver sì commesso degli errori, ma precisando: «Non conoscevo la situazione del club al mio arrivo. Sono andato via perché ad un certo punto ho capito che la proprietà aveva idee diverse dalle mie, il presidente voleva andare a destra, io a sinistra. Era giusto finirla così. La mia fiducia in Di Francesco era grandissima, ma è una decisione che ha preso la società in un momento in cui già sapevo che il mio proseguimento non era sicuro». I tifosi non gli perdonano la promessa sul vedersi a fine anno al Circo Massimo («Mi sembra assurdo considerarla una mia dichiarazione») e gli acquisti sbagliati, in primis Pastore: «Sono convinto che possa ancora fare la differenza. Salah? Non ero contento di venderlo, ma dovevo farlo per il FFP. Chi mi sostituirà prenderà decisioni buone per il futuro della Roma». Massara gode del rispetto di tutti a Trigoria, ma non è escluso che Pallotta possa decidere di affidarsi a una figura esterna, come quel Luis Campos del Lille consigliato da Baldini.