LAROMA24.IT - Finisce l'era Di Francesco, inizia il Ranieri-bis. La Roma cambia dopo il ko con il Porto e prova a salvare una stagione che la vede in corsa per un unico obiettivo: centrare un quarto posto che vale il pass per la Champions, vitale per il futuro del club.
Ecco i commenti di alcuni degli opinionisti più importanti della stampa, pubblicati sulle colonne dei quotidiani oggi in edicola
LA REPUBBLICA (C. BONINI)
Si dice che ogni uomo nasca con un Karma. E non so se sia vero. So però che chi ha avuto in sorte di nascere romanista ne ha uno che condivide con tutti gli esseri umani nati giallorossi come lui. E per descriverne l’ineluttabile traiettoria, gli abissi e le vette (frequenti i primi, rarissime le seconde), sarebbe sufficiente osservare il canovaccio di questa infausta coda di inverno. Il nostro Golgota sportivo cominciato con.l7-1di Firenze, proseguito con lo 0-3 del derby, fino alla notte di Oporto, ai titoli di coda per Di Francesco e al ritorno in panca di Ranieri, er Fettina, il “ragazzo” cresciuto in piazza Testaccio dove il padre aveva il banco di macelleria.
Insomma, il sogno, alle nostre latitudini, non evapora, si schianta. E la tempesta, quando arriva (e arriva sempre perché spesso profezia che si auto avvera), è sempre perfetta. In un allineamento esatto dove la sconfitta sportiva ha, come suoi diabolici araldi, raccapriccianti scelte arbitrali, tecnologia avversa, e sfiga quanto basta. E che tutto si porta via grazie auna propensione all’autofagia che normalmente - maledetto Karma - ci convince che un campione possa diventare un brocco in una sera. Che una stella promessa o addirittura nata ci verrà portata via o sarà sacrificata. Che gli americani sì, so’ americani ma nun c'hanno ‘na lira, e che quello che hai venduto perché non nello sport vedeva la porta, l’anno dopo di gol ne farà 30 ovunque giocherà.
Come sopravvivere, dunque, ci si chiederà. Quale propensione masochista prevede non solo di non distogliere lo sguardo ma anzi impone di assecondare il Karma trangugiandolo tra i lazzi stupefatti del Paese. La risposta, ho sempre pensato e continuo a pensare sia nella verità immortalata da un magnifico striscione che proprio nel prequel del Fettina (l’incredibile stagione dello scudetto mancato nella rimonta all’Inter di Mou) affacciò in Curva Sud. “Nun succede, ma se succede”. Già, non successe, ma se fosse accaduto di vincerlo quello scudetto? Campiamo di sogni, questa è la verità. Di tensione verso l'impossibile. E tanto più i nostri sogni suonano gloriosi, irragionevoli, fracassoni, tanto più li riteniamo concreti. A portata di mano. Dunque degni di fede incrollabile. Se vogliamo, siamo i pazienti zero di quella roba che si chiama calcio, che ci conserva irragionevoli bambini. E che rende il nostro Karma non so se più bello, ma sicuramente unico. Perché nun succede. Ma se succede.
IL TEMPO (T. CARMELLINI)
Alla fine, come sempre, paga uno per tutti: l'allenatore. È la dura legge del calcio, ingiusta per certi versi, ma che da sempre si ripete nei campionati di mezzo mondo. Certo, Di Francesco ci ha messo del suo, non è riuscito a trasmettere il suo calcio ai giocatori della squadra che ha allenato negli ultimi due anni, a infondere quella mentalità vincente che in molti casi può fare la differenza: sicuramente da un certo livello in su.
Non è riuscito a far diventare la «sua» Roma quella di tutti. Certo, nel suo passaggio nella Capitale da allenatore, si è tolto anche qualche bella soddisfazione, una semifinale di Champions, una qualificazione in Champions, però gli è mandato sempre qualcosa per fare il definitivo salto di qualità. Così, anche il tenero Eusebio come molti altri prima di lui, lascia la panchina giallo rossa con zero titoli.
Nono cambio di allenatore in nove anni e mezzo di gestione americana: non pochi, anzi forse troppi soprattutto in una città come Roma dove non si fa mai la cosa giusta e come ti muovi sbagli. Ma ora viene spontanea la domanda: sicuri che convenisse mandarlo via adesso, a dodici giornate dalla fine con una qualificazione in Champions ancora alla portata o almeno non del tutto compromessa? O forse sarebbe stato meglio continuare con lui fino al termine dell'attuale stagione e rimandare a una vera e propria rifondazione in vista della prossima?
Il dubbio resterà e a spazzarlo via proverà una vecchia conoscenza giallorossa quel Claudio Ranieri che ci aveva già provato in passato fermandosi davvero a un passo dal sogno. Ma anche lì finì in un altro modo.
IL MESSAGGERO (M. CAPUTI)
Quella Champions che proprio un anno fa gli apriva le porte dei quarti di finale grazie alla vittoria sullo Shakhtar, gli ha servito il conto. Di Francesco è stata esonerato pagando per tutti. Per ben tre volte era riuscito a salvarsi: Bologna, Plzen e Firenze. Al quarto tentativo è affondato. Dopo aver perso brutalmente il derby, la gara con ilPorto era una sentenza annunciata.
Pur vittima di decisioni arbitrali sbagliate, la Roma dell’altra sera non è stata altro che la fotografia stagionale di sestessa. Senza identità, distratta, vittima più dei propri gravi errori che della forza degli avversari. Nonostante i tentativi Di Francesco non ha mai dato la sensazione di poter invertire la rotta.Dopo ogni illusorio segnaledi ripresa è arrivata la pesante ricaduta.
Le colpe di Di Francesco non sono però paragonabili a quelle della società. La campagna acquisti prima di tutto e la stessa indecisione sulle sorti dell’allenatore sono responsabilità pesanti sulle spalle del club.Con 12 partite ancora da giocare in campionato, la stagione può essere ancora salvata, Claudio Ranieri, tecnico navigato, che ben conosce Trigoria e dintorni, come romano, ex giocatore e soprattutto ex allenatore giallorosso, può riuscirci.La Roma voleva un traghettatore e Sir Claudio ha accolto l’invito. Un doppio colpo di fortuna, visto che poco più di una settimana fa Ranieri era ancora sulla panchina del Fulham. Un’occasione, più che una scelta programmata. La Roma al contrario ha un enorme bisogno di un progetto tecnico delineato e condiviso. Con Monchi in partenza, chi si occuperà del tecnico per la prossima stagione, dei rinnovi e del prossimo mercato?
GAZZETTA DELLO SPORT (A. DI CARO)
La Roma ai romani: con il ritorno in panchina di Claudio Ranieri coadiuvato da Totti (fuori) e De Rossi (in campo). E una chiara responsabilizzazione dei giocatori a cui è stato tolto il catalizzatore di tutte le critiche degli ultimi mesi: Eusebio Di Francesco. È questo in sintesi il senso dell’estremo tentativo partorito tra Trigoria e Boston per salvare la stagione conquistando un posto per la prossima Champions.
I problemi del tecnico avevano radici più lontane. Già lo scorso anno la sua Roma, mai continua e brillante in campionato, aveva salvato la stagione solo grazie a una Champions da applausi. In estate la costruzione di una squadra diversa, più giovane e talentuosa ma meno ricca di esperienza e personalità, aveva fatto pensare che Di Francesco potesse tirare fuori il meglio dal gruppo e da se stesso. Nonostante alcune scelte estive fossero state se non “subite” diciamo “accettate” come il ruolo imponeva. Purtroppo per lui la sua seconda Roma non ha trovato mai stabilità, viaggiando sulle montagne russe con delusioni cocenti contro le piccole e sconfitte storiche come il 7-1 di Coppa Italia a Firenze e il derby perso 3-0. Oltre ai risultati non hanno convinto i continui mutamenti tattici per cercare una quadra mai trovata e ha pesato il fatto che molti giovani con lui non sono migliorati (Kluivert, Under, Schick, a corrente alternata Pellegrini e Cristante), altri giocatori si sono involuti (Fazio e Florenzi) e altri hanno reso poco o niente (Dzeko, Nzonzi e Pastore). Non è bastato il lancio di Zaniolo addirittura a Madrid e poi stabilmente titolare.
Il Di Francesco uomo, tecnico e fedele dipendente della società non meritava di chiudere anzitempo questa sua avventura, ma neanche di stare sulla graticola ogni settimana. Serviva una scossa e un traghettatore esperto che conoscesse l’ambiente e riportasse in primo piano il vecchio concetto sempre valido nei momenti di crisi: l’orgoglio romanista. L’identikit ha portato a Claudio Ranieri, uno che la Roma la ama. Vedremo se basterà. Ci sono 12 partite e 36 punti. Poi però a prendersi la responsabilità di questa stagione deludente dovranno essere anche altri.
CORRIERE DELLO SPORT (I. ZAZZARONI)
Forse dovrei scrivere dell'esonero di Di Francesco (a questo punto inevitabile) e del ritorno a Roma di Claudio Ranieri: dell'unico Eusebio caduto in disgrazia in Portogallo, un curioso paradosso, e del Normalizzatore che fresco di esonero a Fulham ma anche autore del più bel miracolo calcistico del Millennio, Mi soffermo più volentieri su cid che mi ha colpito del post-eliminazione, ovvero lo scontro verbale tra alcuni tifosi della Roma e il responsabile tecnico Monchi.
Lo faccio perché per un attimo ho provato a immedesimarmi nel ds spagnolo, essendo come lui egotico, permaloso e talvolta perfino arrogante (sinceramente mi scuso). Immagino che sia per il fatto di essere così simili che Monchi ed io non ci 'prendiamo' proprio. Ieri lui ha avuto una reazione molto social e Fin troppo andalusa, da autentico torero della Plaza de Toros de la Maestranza. A chi gli stava urlando che aveva distrutto la squadra e che se ne doveva andare (sono partite anche offese tra le più colorite e difficilmente tollerabili) ha risposto con queste parole: «Siete bravi voi, in sei mesi vengo a prendervi uno a uno». Dubito, ma potrei sbagliarmi, che Monchi duri altri sei mesi alla Roma, immagino infatti che avendo più volte affermato di sentirsi responsabile della campagna acquisti e della scelta di Di Francesco, al quale con i vari Nzonzi, Kiuivert, Coric, Bianda, Marcano e Karsdorp ha imposto un fenomenale disordine del pensiero, sia pronto a rassegnare le dimissioni che aveva promesso: è uomo d'onore, verticale, e da ieri mi è addirittura simpatico: ha dimostrato di avere le palle. De toros. Provveda, ne colga i potenziali vantaggi.