Ex Provincia, 105 sotto inchiesta: "Devono restituire 263 milioni"

12/03/2019 alle 12:19.
parnasi

LA REPUBBLICA (L. D’ALBERGO) - In Regione e in Comune. Al Campidoglio e alla Pisana, bussando poi alle porte dei 105 tra politici e tecnici che, secondo la ricostruzione della procura della corte dei Conti, avrebbero creato un buco di 263 milioni di euro nel bilancio dell’ex Provincia. Ieri la Guardia di Finanza ha iniziato a notificare l’atto con cui i pm contabili vogliono mettere il primo punto sul caso della nuova sede della Città Metropolitana all’Eur. Un affare che i magistrati di viale Mazzini definiscono «fallimentare» e per cui ora saranno chiamati a difendersi gli ex presidenti della vecchia Provincia a guida Pd. Enrico Gasbarra da una parte e dall’altra il neosegretario dei dem, oltre che governatore del Lazio, Nicola Zingaretti. Nella lista ci sono anche l’ex sindaco Ignazio Marino e l’attuale prima cittadina 5S Virginia Raggi, entrambi alla guida del Comune e quindi della Città Metropolitana. A loro e a tutti i consiglieri che hanno dato il via libera all’acquisto del palazzone da 32 piani costruito sui terreni di Luca , l’imprenditore arrestato per corruzione per lo , la corte dei Conti chiede, entro 10 giorni, «l’immediata restituzione in favore dell’ex Provincia di Roma» dei 263 milioni di euro. O comunque di una somma «non inferiore ai 107 milioni». Ognuno dei 105 a cui è stato notificato l’atto di messa in mora, secondo la ricostruzione del viceprocuratore Massimo Lasalvia, ha la propria fetta di responsabilità. C’è chi era a palazzo Valentini quando si decideva di cercare una nuova sede. Chi ne ha votato l’acquisto, chi ancora oggi in consiglio delibera atti per ripianare un buco milionario. Una voragine che si autoalimenta di anno in anno.

La lista dei «presunti responsabili del danno». come detto, è lunga. C’è l’ex commissario Riccardo Carpino, oggi alla guida del Demanio. C’è anche Umberto Postiglione, a sua volta commissario della Provincia, di Palermo e poi direttore dell’Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati. Segue una lunga lista di politici di ogni colore: ci sono i vecchi sindaci di mezza provincia, consiglieri che poi hanno continuato la carriera in politica. Alla Camera per il Pd sono finiti Patrizia Prestipino e, nella scorsa legislatura, Roberta Agostini. Per Sel, invece, a Montecitorio c’era Massimo Cervellini. E Marco Silvestroni per FdI. Capitolo senatori: ecco il grillino Emanuele Dessì, ex “incandidabile” poi finito a palazzo Madama nonostante il caso del video che lo ritraeva con Domenico Spada, pugile del clan sinti, e quello della casa popolare affittata per 7,5 euro al mese nel comune di Frascati. Nell’elenco della corte dei Conti anche l’ex senatrice dem Giuseppina Maturani. Guardando al Campidoglio, spuntano i nomi del presidente dell’Assemblea capitolina, Marcello De Vito, e del capogruppo 5S Giuliano Pacetti. Consiglieri delegati rispettivamente al Bilancio e al Patrimonio. Per il Pd, invece, c’è il consigliere e presidente della commissione Trasparenza Marco Palumbo. Alla Regione, invece, c’è Mauro Alessandri, ex consigliere provinciale e attuale assessore ai Trasporti della Pisana. Il presidente del Consiglio e il suo vice, il piddino Daniele Leodori e Giuseppe Cangemi del gruppo misto. Ancora: Amalia Colaceci, ex assessora di palazzo Valentini e ora presidente di Cotral, e il suo vecchio collega Michele Civita. Assessore anche in Regione, per lui il 4 aprile potrebbe scattare anche il rinvio a giudizio per il . Tornerebbe, quindi, il nome di Luca . Sotto inchiesta per e titolare della torre da 263 milioni che a ogni chiusura di bilancio rischia puntualmente di mandare in default la Città Metropolitana di Roma. Merito di una manovra finanziaria e immobiliare, messa in piedi negli anni del centrosinistra e mai più sanata, per acquistare un palazzo che al momento della stretta di mano peraltro «risultava inagibile e non fruibile agli scopi pubblici a cui doveva essere destinato». Il grattacielo comprato con l’idea di risparmiare e riunire tutti gli uffici della Provincia — mentre era aperto il dibattito sulla abolizione di quel tipo di ente — adesso rischia di trasformarsi in un costosissimo grattacapo per l’intero arco politico capitolino.