IL MESSAGGERO (M. CALLAI) - A Il pallone sempre tra i piedi, il gol nel sangue, il calcio dentro. Da Niemcza, il piccolo borgo polacco nel distretto di Dzierzoniów dove cresce sotto l’ala di papà Aleksander, a Genova il percorso di Krzysztof Piatek è accompagnato dalla cultura del lavoro. E qui si racconta, con la collaborazione di Giuseppe Sapienza e Dawid Dura dell’area comunicazione del Genoa.
Krzysztof, cosa ricorda della sua infanzia a Niemcza?
«Il calcio. E’ nella mia vita da quando avevo due anni ed è diventata, rapidamente, la mia prima passione. Alla mattina fisicamente ero a scuola ma con la testa ero già sul campo».
Due ore quotidiane di viaggio per raggiungere due volte Dzierzoniów e allenarsi con il Lechia. Non le pesavano?
«No, perché sono cresciuto con il pallone tra i piedi. I frutti di quell’impegno si stanno vedendo adesso».
Qual è stato l’insegnamento più importante ricevuto da adolescente?
«Lavorare duramente per realizzare i propri sogni e, allo stesso tempo, rimanere sempre con i piedi per terra. L’ho appreso, quando ero bambino, da mio padre Aleksander».
Uno dei suoi obiettivi è partecipare ai prossimi Europei. Lewandowski è convinto che con lei il futuro della vostra Nazionale è assicurato.
«Mi fa piacere. Non ci sentiamo quotidianamente ma quando siamo in Nazionale parliamo spesso. Da Robert, durante gli allenamenti, imparo molte cose»
Oggi in serie A ci sono ben 16 giocatori polacchi. Cosa vi accomuna?
«Carattere forte e cultura del lavoro. Sappiamo velocemente adattarci alle situazioni nuove».
Ha stabilito nuovi primati in Italia, quello dell’atalantino Hansen addirittura resisteva dal 1949. Dove vuole arrivare?
«Voglio cambiare la storia ma per far ciò devo imparare ancora tanto e concentrarmi su me stesso senza guardare gli altri. Non vivo la necessità di esser capocannoniere a dicembre come un’ossessione: continuerò ad allenarmi e a provare a segnare per cercare di esserlo a fine stagione».
Poco tempo dopo il suo arrivo, Genova ha vissuto il dramma del crollo del Ponte Morandi. Cosa ricorda di quei giorni di metà agosto?
«Tanta tristezza nel cuore. Ho capito presto cosa significava quel ponte per i genovesi e apprezzo molto la dignità e la forza con cui stanno superando questo momento difficilissimo».
Al Genoa tre allenatori diversi in 4 mesi. Cosa le hanno trasmesso?
«Ho imparato molto da Ballardini e penso debba tornare presto su una panchina importante. Juric è subentrato in un momento particolare in cui era complicato, per varie ragioni, ottenere risultati. Ora sono felice di poter lavorare con Prandelli, allenatore di grandissima esperienza. In una situazione di grande difficoltà, domenica in 10 per 80 minuti, si è vista la sua idea di calcio».
Domenica sera affronterete la Roma di Di Francesco. Che impressione le ha fatto?
«Sta attraversando un periodo non buono, con i suoi problemi, ma anche noi abbiamo i nostri perché non vinciamo da fine settembre. Domenica avremo entrambi necessità di ottenere punti importanti. Noi abbiamo una rosa giovane con tanta qualità e lo abbiamo dimostrato quando abbiamo fermato la Juventus a casa sua».
C’è chi crede che lei possa esser, il prossimo anno, il sostituto di Dzeko
«E’ un giocatore di grande qualità. Preferisco però non guardare a campioni come Edin, Cristiano Ronaldo o Icardi ma pensare al mio contributo per aiutare il Genoa a guadagnare posizioni in classifica».