La testa. Con Miralem Pjanic la testa conta sempre più di tutto. Mire nell’ultimo campionato è stato lo juventino che ha corso di più – oltre 11 chilometri a partita, meglio di Matuidi, Chiellini e Alex Sandro – ma chi lo guarda finisce sempre per considerare come usa il cervello e il piede destro. Questo negli ultimi due anni e mezzo non è cambiato, perché con un giocatore così non cambierà mai. Pjanic dal 2011 al 2016 ha giocato con la Roma, dal 2016 è alla Juve, tra qualche anno magari sarà altrove ma resterà sempre lo stesso calciatore: tecnico, cerebrale. Tutto il resto però, con quel cambio di squadra, si è trasformato parecchio. (...) Nei suoi 30 mesi alla Juve, Allegri lo ha usato anche da mezzala, da trequartista e come centrale di una linea a quattro, ma presto ha scelto la sua strada preferita: Pjanic sarebbe stato un playmaker. Miralem non era convintissimo. Non era convintissimo ma ha capito in fretta che il suo allenatore aveva ragione. Si è fidato ed è cambiato. Rispetto agli ultimi due anni romani, nelle prime due stagioni torinesi Pjanic ha dimezzato i tocchi nell’area avversaria, dove arriva sempre meno, ma non ha smesso di creare un paio di occasioni a partita per i compagni. Ha aumentato nettamente i recuperi ma non ha smesso di calciare in porta. (...) Pjanic a Roma ha avuto Luis Enrique, Zeman, Andreazzoli, Garcia e Spalletti, alla Juve solo Max. Un allenatore che lo ha ripreso più di qualche volta e lo ha visto cambiare. Miralem ora è più sicuro di sé, più maturo. Quando è arrivato in Italia era un ragazzo, ora è un uomo, un papà: magari sta a casa più volentieri, di sicuro ha meno pressione, meno difficoltà in campo che negli anni alla Roma. Di quel periodo però conserva gli amici... e non ci sono scontri diretti come quello di sabato che possano cambiare i rapporti tra persone. Mire torna a Roma più di qualche volta, magari scherzerà sulla partita con Daniele De Rossi o Manolas. (....)
(gasport)