LA REPUBBLICA (F. BOCCA) - A parte la maledizione di Dzeko e quel dolore che potrebbe tenerlo fuori, la grande consolazione arriva di sera e si porta via questo clima mefitico e uggioso, come la tramontana che spazza via le nubi e ripulisce il cielo di Roma. Olimpico pieno, notte di gala e musichetta della Champions League.
La grande consolazione è proprio questo Roma-Real, messo lì dal calendario a determinare l’ordine di classifica e il piazzamento agli ottavi ma un po’ anche dalla divina provvidenza del pallone che ha colto l’imbarazzo e teso la mano pietosa verso i due club. Chi vince ( o pareggia) dimenticherà tutto. Con dovuta e rispettosa differenza però: se è inguaiata la Roma che vince uno scudetto ogni 25 anni, cosa dovrebbe dire il Real che di Liga ne ha vinte 33 e di Champions ben 13, di cui le ultime tre consecutive? Per dire insomma che i processi romani a Di Francesco, sono meno di un raffreddore rispetto ai guai grossi del Real e l’impero incrinato di Florentino, che nell’ordine ha perso prima Zidane, poi Ronaldo, poi ha dovuto cambiare allenatore. I suoi punti e il suo piazzamento valgono più o meno quello della Roma, e se la Roma si duole del ko di Udine, cosa dovrebbero dire i blancos che ne hanno presi tre dai baschi dell’Eibar? Marca ha titolato indignato «un Madrid Vulgar» e la bufera infuria anche più forte di quella che investe la tremebonda Roma al 7° posto, superata da Parma e Sassuolo. Senza contare - è indelicato dirlo ma è così - che il Real l’allenatore lo ha già cacciato.
La grande consolazione è una Champions che «pesa come una cappa» (Eusebio dixit) sui giallorossi certo, ma per un mistero mai realmente svelato la Roma queste partite le ha quasi sempre giocate bene (quella dell’andata al Bernabeu in verità no) e ottenuto addirittura risultati impensabili. Ben venga dunque il Real a risvegliare la Roma addormentata. Di Francesco è riemerso a Trigoria direttamente dal buio dello Stadio Friuli stropicciato e contestato, sempre agganciato ai suoi slogan e le sue convinzioni («il mio calcio» ripete come fosse una garanzia assoluta) ma ben cosciente che l’unica ancora di salvezza sono i risultati. Davanti a una classifica triste nessuno starà a sentire giustificazioni, il calciomercato che sarebbe potuto essere ma non è stato, i giovani e così via. Da questo momento ogni vittoria sarà dovuta e ogni sconfitta forse fatale. «Di me non devo dire niente, ho sempre sentito la fiducia della società» ha detto, ben sapendo che ormai tutto dipende da lui stesso.
Il tenebroso Kolarov è invece andato per le spicce e puntellato il superiore: «Il tifoso ha diritto di arrabbiarsi ma deve anche essere consapevole che di calcio capisce poco» . Così, giusto a calmare gli animi. La situazione è talmente delicata che la sola ipotesi di toreare contro Ramos e Varane (candidato Pallone d’oro) con l’impalpabilità di Schick fa tremare, mentre per il ko di Lorenzo Pellegrini potrebbe addirittura costringere Di Francesco a lanciare ai suoi un 3- 5- 2 a ciambella d’emergenza. Non è in una situazione molto diversa Santiago Solari, che da calciatore fece tre anni all’Inter tra il 2005 e il 2008. Anche del suo Real si dice che non abbia cuore e anzi questa è stata un’accusa precisa di Ramos, per altro investito dal caso doping insabbiato dall’Uefa. «Il Real si è sempre rialzato quando è caduto, per questo è la squadra più vincente della storia», ha sentenziato Solari. Orgoglio e "cocones" direbbe Brera.