IL MESSAGGERO (M. ALLEGRI) - C'è il contratto per l'acquisto del nuovo palazzo della Provincia a un prezzo spropositato, ma ci sono anche tutti gli accordi successivi tra la Città Metropolitana e le aziende del gruppo Parnasi. Dopo il blitz dello scorso luglio i finanzieri del Nucleo di polizia tributaria stanno per inviare in Procura un'informativa con nuove ipotesi di reato sull'intera operazione, che potrebbero travolgere politici della ex Provincia e rappresentanti delle aziende del gruppo Parnasi, già sotto inchiesta per associazione a delinquere e corruzione per l'affaire Stadio della Roma. I nuovi reati ipotizzati dagli investigatori sono la frode fiscale, la truffa e l'abuso d'ufficio. Tradotto: sarebbero state emesse fatture per operazioni inesistenti e alcuni pubblici ufficiali potrebbero avere agevolato il gruppo Parnasi in un'epoca di forte indebitamento con le banche. I finanzieri avrebbero anche individuato una lista di persone coinvolte. Ora toccherà alla pm Laura Condemi, titolare del fascicolo, decidere quali nomi confermare sul registro degli indagati, considerando che una parte della vicenda potrebbe essere vicina alla prescrizione. La svolta sarebbe arrivata anche grazie alle risultanze investigative emerse indagando sullo stadio di Tor di Valle e quello che gli inquirenti hanno ribattezzato «il sistema Parnasi», cioè foraggiare politici e funzionari a suon di tangenti per ottenere agevolazioni.
IL PALAZZO Una vicenda, quella del palazzo della Provincia - che inizia nel 2005 ma che ha strascichi attuali, almeno dal punto di vista giudiziario, come denunciato nel 2015 in un esposto in Procura e alla Corte dei conti dai grillini Emanuele Dessì - oggi senatore - ed Enrico Stefàno, all'epoca consiglieri della Città Metropolitana. Nel 2005, con l'allora presidente Enrico Gasbarra, la Provincia aveva deciso di accorpare tutti i suoi uffici in un'unica sede. Nel 2007 era stato scelto il progetto: una delle due Torri dell'Eur, in fase di costruzione di fronte il centro commerciale Euroma2. Le opzioni possibili erano l'affitto per circa 18 milioni e mezzo annui, o l'acquisto, per 263 milioni. Era stato il padre di Luca Parnasi, Sandro, a gestire il primo accordo. Il contratto era stato firmato nel 2008: la Torre doveva essere consegnata entro 30 mesi. Un anno dopo, alla Provincia era arrivato Nicola Zingaretti. Si era optato per l'acquisto della sede. Nel 2010 era stato stipulato l'accordo con la società del gruppo e con la Bnp Paribas Real Estate, scelta come società di gestione del risparmio. La stessa società che, l'anno successivo, aveva costituito un fondo immobiliare nel quale erano confluiti molti palazzi della Provincia, dopo la decisione di vendere alcuni suoi immobili, per finanziare l'acquisto della nuova sede. Il caso era già finito in precedenza alla Corte dei conti. Ma i magistrati, nel 2013, avevano deciso di archiviare le accuse di danno erariale nei confronti di Zingaretti in relazione all'acquisto. Nel 2015, il nuovo esposto: anche la gestione successiva dell'affare sarebbe stata antieconomica. I tempi di consegna, infatti, si erano allungati e, nel frattempo, l'ente aveva continuato a pagare affitti da circa 5 milioni l'anno al fondo immobiliare.
LA SEDE ATAC I finanzieri, però, indagano anche sugli affari di Parnasi con l'Atac. È il 2006 quando i vertici di Atac siglano l'accordo per lo spostamento del quartier generale - mai avvenuto - in un palazzo accanto alle torri dell'Eur, in via Giorgio Ribotta. Proprietaria dell'area è, ancora una volta, Bnp Paribas. Nel 2009, Atac versa una caparra da più di 20 milioni, mentre il progetto viene affidato a Parsitalia, azienda di Luca Parnasi. L'obiettivo è ottenere le chiavi della nuova sede a inizio 2011. Invece, i tempi si allungano, tanto che nel 2016 il dg Marco Rettighieri presenta un esposto e decide di rescindere l'accordo, mentre la proprietà inizia a decurtare l'affitto usando la caparra milionaria. Sul caso è anche in corso un contenzioso civile.