(...) Pensate alla Roma — alloggiata in un hotel sulla Moscova non troppo lontana dal luogo dell’addio di Majakovskij — e a quanto possano aver fatto parlare le parole di due giorni fa firmate Paulo Sousa. «Mi piacerebbe allenare i giallorossi, non l’ho mai nascosto». Problemi? Sì, almeno un paio. Il primo è che proprio il nome dell’allenatore portoghese è stato il più accostato alla panchina romanista nei giorni in cui la squadra di Eusebio Di Francesco annaspava. Il secondo è che sì le cose sono migliorate, ma la Roma al momento è solo convalescente e quindi una eventuale sconfitta a Mosca e una successiva «non vittoria» domenica contro la Sampdoria — complice la sosta — potrebbe rimettere tutto in discussione.
«Sinceramente non mi interessano le dichiarazioni di Paulo Sousa — replica secco Di Francesco —. Ho altre cose a cui pensare molto più importanti. Sta a voi dire se è stato indelicato o meno, visto che siete bravi a leggere nel pensiero di tanti, e magari anche nei miei». E allora ci sbilanciamo: il tecnico abruzzese non ha gradito affatto. (...)
Istruzioni serali: anche un pareggio aiuterebbe a spalancare le porte degli ottavi. «Dobbiamo dimostrare che davvero in Champions stiamo facendo un altro percorso rispetto al campionato. Comunque anche lì non penso che sia finita. Abbiamo ancora 27 partite da giocare. Credo che la Roma da un punto di vista fisico, dell’atteggiamento e del sistema di gioco sia in crescita. Come idea non dobbiamo perdere il desiderio di poter far male agli avversari. Siamo arrivati qui prima proprio per adattarci al freddo, ma dovremo interpretare la gara meglio che all’Olimpico». (...)
(gasport)