IL MESSAGGERO - Il comportamento da squadra e non l'interesse per il singolo. Di Francesco, senza guardare in faccia nessuno, è andato avanti per gradi, affrontando ogni situazione in prima persona. E' intervenuto già prima delle 2 sconfitte di fila, nelle trasferte di Madrid e Bologna. Si è rivolto ai più giovani, spiegando loro che l'allenamento ha la priorità sulla partita. Lì l'allenatore giudica il calciatori. Da quei particolari, non dalle giocate. Così, nella notte del debutto di Zaniolo, mandò in tribuna al Bernabeu, e per motivi diversi, sia Karsdorp che Kluivert. E con loro Jesus. Avvertimento più che punizione. Perché Kluivert è stato poi titolare sia nella partita contro il Bologna che in quella contro il Viktoria in cui anche Jesus è tornato dall'inizio. Si è rivolto ai giovani, ma anche ai senatori. Li ha lasciati senza parole quando si è sfogato proprio dopo la sconfitta contro il Real. Scena muta davanti al tecnico che avrebbe voluto sapere in faccia che cosa non è andato all'alba della nuova stagione. Ma se l'è portati dalla sua parte, dopo la figuraccia al dall'Ara, dimostrandogli negli addestramenti a Trigoria di essere tutto meno che integralista. Ha piazzato Pastore nel ruolo di trequartista per non concedergli più alibi e Nzonzi accanto a De Rossi per evitare che il dualismo danneggiasse la Roma. Ha dato prima di ricevere. Andando sul semplice: a ognuno il proprio ruolo, senza più equivoci. Per togliere ogni pensiero ai protagonisti, frenati nella testa e non nelle gambe. Che, a conferma di quanto la condizione atletica non fosse d'attualità, hanno continuato a girare, finalmente nel verso giusto.