IL MESSAGGERO (M. FERRETTI) -Daniele De Rossi non è Francesco Totti (chi lo è, del resto?). Ma, vista la sua storia nella Roma, meriterebbe un trattamento alla Totti. Cioè, restare alla Roma anche una volta appesi gli scarpini al chiodo. Questione di fedeltà, di passione, di attaccamento alla maglia, per dirne alcune. Daniele, come Francesco, ha scelto di giocare a vita con il giallo e il rosso tatuati sulla pelle, e non capita tutti i giorni che un professionista faccia una scelta simile. Certo, anche lui, oltre al Capitano, non è rimasto per anni e anni a Trigoria gratis, ma tutti sanno che se avesse cambiato aria avrebbe guadagnato più soldi. Ecco perché, ora che si sta cominciando a parlare quasi a ritmo quotidiano del suo fine carriera, ora che si sta cominciando a capire se continuerà ancora a giocare con la Roma (ha il contratto in scadenza), ci piace immaginare che la società, in primis il presidente James Pallotta, abbia voglia di non farselo scappare, di tenerlo con sé anche quando non avrà più il fisico per fare il calciatore.
Ancora un anno di contratto in campo e poi altri X anni da “dirigente” della Roma, perché no? Esattamente quanto fatto dalla dirigenza statunitense con Totti. Per dare un immenso, ulteriore senso di continuità alla storia romanista.
La nostra è una semplice proposta che giriamo alla Roma convinti che De Rossi possa rappresentare, anche in futuro, un valore aggiunto per il club. In qualsiasi veste. Lui, Daniele, non perde occasione per dire che da grande gli piacerebbe fare l’allenatore, e riteniamo che l’idea di vederlo su una panchina della Roma, cominciando ovviamente dal basso per crescere e capire se quella è davvero la sua strada, piaccia un po’ a tutti, tifoseria compresa.