LA REPUBBLICA (M. PINCI) - Un Inzaghi aveva aperto la ferita della crisi, un altro Inzaghi l'ha suturata, restituendo alla Roma il sorriso che le aveva tolto il fratello. Non c'è nulla di meglio di un derby per dimenticare la domenica d'inferno a Bologna, il disgusto del presidente Pallotta, il ritiro punitivo, ma il ribaltone emotivo aveva bisogno di un colpo di teatro. Un romano che nell'incrocio capitale trascina i romanisti fuori dal guado, ad esempio. Lorenzo Pellegrini di Cinecittà Est il derby non avrebbe nemmeno dovuto giocarlo: che ruolo dargli nel 4-2-3-1?, ci si chiedeva dopo che col Frosinone Di Francesco aveva stravolto l'assetto rinnegando il 4-3-3 per far posto a Pastore. E invece proprio l'infortunio di Pastore gli ha consegnato a 10 minuti dall'intervallo il copione perfetto: il quarto romano in quattro anni a segnare alla Lazio dopo Totti nel 2015, Florenzi nel 2016 e De Rossi nel 2017.
Lorenzo non poteva mica mandare a casa mamma Monica e papà Tonino - allo stadio per lui e non solo, visto che in casa la Roma è una fede seconda solo a quella che la signora Pellegrini coltiva insegnando catechismo nella parrocchia San Giuseppe Moscati - senza una foto ricordo. Alla fine ne ha scattate tre: quella del gol, il suo primo in un derby, di tacco come a voler prendere alla lettera quello che gli aveva chiesto l'allenatore ("Fai come Pastore". Ma pure l'incursione con cui ha ottenuto la punizione scaraventata in porta da Kolarov nonostante una frattura al mignolo del piede. E poi l'assist per Fazio che ha inchiodato il 3-1 della pace tra l'Olimpico e Di Francesco. La consacrazione sul talento di ragazzo che a 22 anni ha già vissuto un'infinità di vite: quella di stellina del vivaio (ci arrivò dall'Almas scoperto da Fabrizio Di Mauro, uno che il derby romano lo giocò con entrambe le maglie), quella di esule dopo la cessione al Sassuolo, quella di cavallo di ritorno. La prossima si colorerà pure d'azzurro, visto che il ct Mancini per Lorenzo stravede, abbacinato dalla capacità di giocare in verticale, di buttarsi nello spazio: per questo, quel ruolo alle spalle della punta gli piace.
"E' stata una reazione da uomini, ho visto occhi diversi", ha detto Di Francesco, combattuto tra i complimenti alla squadra e l'incapacità di comprendere dove fosse finita. E la vittoria è pure figlia di Monchi, che ai partiti di chi avrebbe cambiato allenatore ha opposto una resistenza strenua, e delle riunioni continue tra dirigenza, tecnici, calciatori in quei giorni di costrizione a Trigoria. In cui è nata l'inversione di rotta dopo il cappotto di Bologna. Chissà se Simone Inzaghi lo rinfaccerà al fratellone Pippo, he quel Bologna lo guida. "La Roma ha avuto più cattiveria, ci ha creduto di più ha ammesso", senza voce, centellinando le domande ma soprattutto le risposte. Una, l'ennesima, gliel'ha fornita Immobile, col 4° gol nelle ultime 4 uscite, non abbastanza per impedire che l'umore caricato dalle 5 vittorie di fila si sgonfiasse. L'allenatore qualche domanda da fare a Strakosha, sorpreso sul proprio palo dalla punizione di Kolarov (lo spiegava, il serbo ai fisioterapisti laziali a fine partita), diventato il primo calciatore a segnare in un derby con entrambe le maglie dai tempi di "Raggio di Luna" Selmosson, 60 anni fa. Come un Giano Bifronte che ha rovesciato le facce di Lazio e Roma.