Scandali da vecchia politica per il nuovo stadio di Roma

21/06/2018 alle 17:09.
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7 - Ma allora questo Paese non cambia mai? Se lo sono chiesto in tanti, dopo lo scoppio dello scandalo per lo stadio di Roma. Scandalo che, stando all'ordinanza di 288 pagine, ha visto il coinvolgimento, più o meno diretto, consapevole, criminale, anche di persone legate a quel «movimento delle mani pulite» sceso in campo con il «vaffa day» per rovesciare l'Italia come un calzino. Alla larga dal qualunquismo. Sarebbe troppo facile oggi ridacchiare sul modo in cui Giuseppe , il premier scelto da Luigi Di Maio e Matteo Salvini, rispose due settimane fa, in via dei Fori Imperiali, a un manipolo di scalmanati che gli urlavano: «Devi fare piazza pulita! Corrotti di merda! Pulisci tuuuuu!» Rispose: «No. È sbagliato pensare corrotti di qua, corrotti di là. L'Italia è sana. Ci sono episodi di corruzione che vanno combattuti». Buon senso. Ma curioso dopo anni e anni di furenti insulti grillini e leghisti contro i «politici ladri» e «Roma ladrona». Alla larga, ancora, da chi fa di ogni erba un fascio. Davanti a troppe delusioni date agli italiani da «uomini nuovi» via via venuti avanti nei decenni, però, viene il magone a rileggere quanto scriveva Massimo D'Azeglio ne 'I miei ricordi'. Dove non si trova la frase letterale a lui attribuita: «Fatta l'Italia, bisogna fare gli italiani» (cite come spiega la Treccani andrebbe attribuita a Ferdinando Massimo D'Azeglio (Torino, 1798-1866), politico, patriota, pittore e scrittore, e stato una delle figure di spicco del Risorgimento Martini nel 1896). Ma restano incise parole che dovrebbero ancora spingere tutti a una riflessione. Scriveva infattu D'Azeglio nelle sue memorie, pubblicate postume da Gian Antonio Stella Editorialista del Corriere della Sera e scrittore. Autore del bestseller La Casta. nel 1867, cioè dopo che già si erano affacciati dopo l'Unità i primi scandali: «I più pericolosi nemici d'Italia non sono gli Austriaci, sono gl'Italiani. E perché? Per la ragione che gl'Italiani hanno voluto far un'Italia nuova, e loro rimanere gl'Italiani vecchi di prima, colle dappocaggini e le miserie morali che furono ab antico il loro retaggio; perché pensano a riformare l'Italia, e nessuno s'accorge che per riuscirci bisogna, prima, che si riformino loro, perché l'Italia, come tutti popoli, non potrà divenir nazione, non potrà esser ordinata, ben amministrata, forte così contro lo straniero, come contro i settari dell'interno, libera e di propria ragione, finché grandi e piccoli e mezzani, ognuno nella sua sfera non faccia il suo dovere, e non lo faccia bene, o almeno il meglio che può. Ma fare il proprio dovere, il più delle volte fastidioso, volgare, ignorato, ci vuol forza di volontà e persuasione che il dovere si deve adempiere non perché diverte o frutta, ma perché è dovere; e questa forza di volontà, questa persuasione, è quella preziosa dote che con un solo vocabolo si chiama carattere, onde, per dirla in una parola sola, il primo bisogno d'Italia è che si formino Italiani dotati d'alti e forti caratteri. E pur troppo si va ogni giorno più verso il polo opposto: pur troppo s'è fatta l'Italia, ma non si fanno gl'Italiani». È passato un secolo e mezzo...

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