Parnasi: ecco i politici che pagavo. Soldi alle fondazioni di Carroccio e Pd

30/06/2018 alle 14:01.
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Una lista di politici a «libro paga» e le indicazioni precise sui soldi versati ai partiti attraverso le fondazioni. C’è anche questo nel verbale di interrogatorio del costruttore Luca , chiuso nel carcere di Rebibbia proprio con l’accusa di aver concluso affari — primo fra tutti il — con finanziamenti illeciti e mazzette. Lui non lo nega, specificando che era proprio questo era il sistema per riuscire ad avere accesso «negli ambienti giusti». «È vero, pagavo la politica, e l’ho sempre fatto. Quello delle fondazioni era un modo per finanziarla», ha raccontato nelle sue undici ore di interrogatorio l’immobiliarista arrestato a metà giugno e che ieri, tramite i suoi legali, ha depositato richiesta di scarcerazione. Poi è entrato nel dettaglio dei versamenti effettuati: nel 2015, da 250 mila euro, alla Lega attraverso la onlus Più Voci e nel 2018, da 123 mila euro, al Pd attraverso la fondazione Eyu di Francesco Bonifazi già emersi nell’inchiesta. «Erano soldi che mi servivano per arrivare ai partiti e in certi ambienti», ha ammesso riconoscendo che i pagamenti sarebbero avvenuti senza una apposita delibera dei cda delle aziende del costruttore e dunque in maniera illecita. (...) Racconta, il 40enne costruttore, che quei versamenti in campagna elettorale erano per lui una prassi ma in un certo senso anche un obbligo: «Mi chiamavano in tanti per farsi sostenere economicamente», mette a verbale, assistito dagli avvocati Emilio Ricci e Giorgio Tamburrini, spiegando anche che le richieste in questo senso diventavano pressanti. E che lui «li accontentavo perché poi potevano tornare utili». (...) Su tutta la vicenda aleggia poi la relazione speciale instaurata da con Luca Lanzalone, fulcro dell’inchiesta e foriera di altri possibili sviluppi. I pm gli chiedono conto della frase intercettata in indagine «Questo mi ha risolto lo stadio!» e il costruttore conferma che l’avvocato grillino con pieni poteri sul dossier è stato davvero l’artefice della ripartenza di un progetto che dopo il «no» iniziale di Virginia Raggi sembrava destinato a morire. Gli atti processuali mostrano l’elenco delle consulenze che ha fatto avere a quello che ormai era diventato «un amico» e i favori elargiti, compreso un appartamento a Roma. Il prezzo, questa è l’accusa, dell’aiuto sull’appalto assegnato dal Campidoglio. E il costruttore dal carcere conferma: «Lo presentavo a tutti, dicevo che era bravo».

(corsera)