LA REPUBBLICA (M. E. VINCENZI) - Luca Lanzalone ha dimostrato «spregiudicatezza e pervicacia nell'asservire la propria pubblica funzione agli interessi del privato» . E per questo «il concreto pericolo di recidiva e di inquinamento probatorio appaiono assai elevati e in nulla scemati dalle sue dimissioni quale presidente di Acea» . Sono perentorie le parole con le quali il gip Maria Paola Tomaselli ha detto no all'attenuazione della misura per Lanzalone, finito ai domiciliari il 13 giugno scorso per l’inchiesta sullo stadio della Roma dei carabinieri del nucleo investigativo coordinati dalla Procura.
Il giudice, citando anche le audizioni dei testimoni, prime fra tutte quella della sindaca Virginia Raggi e del dg del Campidoglio Franco Giampaoletti (ma anche quella del dg della Roma Mauro Baldissoni), stigmatizza il potere di cui l’ex presidente Acea godeva in Comune. «Lanzalone - scrive il magistrato - ha dimostrato di godere di una rete di relazioni assai ampia e di una notevole capacità di influenzare le decisioni di organi di vertice della politica e dell’amministrazione, nonché di una notevole disinvoltura nel ricorrere, per svolgere la sua attività di consulenza legale, anche a intestazioni fittizie».
Per il magistrato, il quadro probatorio è solido. Anzi, si è addirittura rafforzato dopo gli arresti. «All'esito delle ulteriori acquisizioni operate dall'ufficio del pubblico ministero- si legge nell'ordinanza - è stata confermata la qualità di funzionario di fatto di Lanzalone e l’incarico di natura pubblicistica rivestito nell'amministrazione capitolina» . Insomma, a dispetto della sua linea difensiva, l’avvocato genovese per il gip (così come per il procuratore aggiunto Paolo Ielo e per il sostituto Barbara Zuin che ne hanno chiesto l’arresto) era a tutti gli effetti un pubblico ufficiale. Elemento che confermerebbe il motivo per il quale il costruttore Luca Parnasi lo “gratificava” con consulenze di ogni tipo.
Per di più, secondo il giudice, Lanzalone ha mentito nel corso del suo interrogatorio di garanzia, un’istruttoria fiume durata quasi sette ore durante la quale l’avvocato genovese ha negato ogni addebito. «Le giustificazioni addotte da Lanzalone in relazione alle utilità ricevute, tra l’altro, appaiono in taluni casi inverosimili e sempre contraddette dai dati probatori esistenti». Proprio per questo «il quadro indiziario sussistente non appare in nulla ridimensionato, ma semmai aggravato dalle più recenti acquisizioni». Insomma, di essere scarcerato non se ne parla. Nonostante le dimissioni dalla presidenza di Acea.
Tutti questi elementi, conclude il gip, «unitamente all’assenza di alcuna consapevolezza in ordine all'illiceità della condotta contestatagli, così come è emerso dalla negazione da parte del pervenuto delle proprie responsabilità anche a fronte di palesi evidenze probatorie, rendono inidonee a salvaguardare le rappresentato esigenze cautelari misure diverse da quelle degli arresti domiciliari che sola limita in maniera sostanziale la libertà di movimento e di contatto dell’indagato».