IL ROMANISTA (T. CAGNUCCI) - Non credo che si debba celebrare l'addio di un calciatore, tanto più se è stato quello più forte della storia della tua squadra. In questo senso il 28 maggio dell'anno scorso è meglio lasciarlo all'anno scorso. Il 28 maggio del 2017, il giorno in cui Francesco Totti ha anche detto addio al calcio giocato è paradossalmente un ritorno, anzi, è un ritorno e insieme un inizio. Quel giorno la Roma è tornata a essere una cosa che da tempo non celebravamo così e così tutti insieme: un'emozione. (...) E Totti nel suo discorso del Re nudo in quel "ho paura" (che per me può essere il manifesto laico e umanista uguale e contrario al "non abbiate paura" del papa polacco) ha veramente incarnato il sentimento romanista che è quello di averlo il sentimento. La scelta di essere della Roma è quella di sposare un mondo fatto per lo più di sensazioni, sentimenti, colori, odori e ricordi di questa città piena di casini e contraddizioni, sempre in bilico fra San Pietro e sampietrini, ma sempre con Falcao in mezzo, però custode di una profondissima bellezza e di una sconcertante veracità. (...)
(...) Quel pomeriggio (verso sera) ci siamo ritrovati, non più romanisti, non più umani, ci siamo ritrovati e basta. Allo stesso posto, con le stesse persone, con la stessa emozione. Ah eccola la Roma! Ah ecco ‘sta cazzo de Roma che vor dì! Che non è solo (o per niente) una discussione fra sensiani e pallottiani, fra secondopostisti e vincitoriatuttiicosti, fra tottiani e spallettiani. Perché Totti è stato persino più grande di se stesso quel giorno: è stato noi. (...) E la storia di Totti non è finita. Lo ha certificato l'altro giorno De Rossi - uno che ha trattenuto due oceani negli occhi quel giorno - quando ha detto «la Roma di quest'anno è iniziata il 28 maggio». Roma-Barcellona, 10 aprile 2018 con quel tutto emotivo che è arrivato al gol di Manolas è figlia di quello stadio, di quello stare insieme; così come la stagione del "Voglio solo star con te". (...)