Pruzzo e l'insigne torsione di 34 anni fa

24/04/2018 alle 15:50.
pruzzo-1981

Piange il cuore a pensarci: la Roma è stata amaramente beffata nel banale e fors’anche indegno giochetto dei rigori. Mentre mi appresto a dettare, scorgo Righetti consolare Graziani, che sentendosi colpevole della sua parte, si avvia piangendo agli spogliatoi. Ha scagliato alle stelle un rigore esattamente come aveva già fatto Conti, emozionato fino al tracollo. Per ironia della sorte, erano stati proprio loro fra i migliori. E tanto avevano dato, sicuramente, da non aver dentro più nulla.

Così, si è compiuto il destino della Roma, che avrebbe potuto far sua la Coppa e non vi è riuscita per insipienza pari alla sfortuna. Avrebbe potuto e dovuto vincere nel secondo tempo regolamentare, quando con nostra grande sorpresa i liverpooliani si sono piantati come brocchi stremati e logori. Per sua massima disgrazia, è mancato alla Roma il miglior goleador di cui disponesse, quel Pruzzo che, in insigne torsione, era salito a incornare di parietale il prezioso cross-gol di Conti.
Pruzzo si è infortunato e il volenteroso Chierico ha unito la propria modestia a quella di troppi altri. Si sono viste allora due squadre frenate e quasi spente: balbettavano letteralmente calcio declassando la più prestigiosa finale europea a una contesa di ex. Il solo primo tempo era stato giocato in piena decenza. Al via, da parte di un Liverpool degno davvero della sua fama e tuttavia fortunato in occasione del suo unico gol: poi, sempre meglio da parte della Roma, il cui pareggio è riuscito bellissimo. Infine la grande delusione, l’amarezza di vedere tutto sfumare per l’obnubilamento improvviso e sicuramente penoso di due protagonisti, Conti e Graziani. Gli inglesi, che la fortuna ha poi premiato ad usura, avevano accennato a regalarci tutto con un comico errore del giovane Nicol, primo rigorista designato. Questo dono non è bastato alla Roma: i collaudati inglesi si portano a casa la loro quarta Coppa.
A noi, la consolazione, ahimé, abbastanza magra, di sentire i tifosi romani invocare la loro squadra con un amore e una devozione superiori all’amarezza. Con dietro questa gente, una società non può davvero fallire. E la Roma, entrata con pieno diritto fra le grandi d’Europa, saprà immancabilmente confermare questo augurio.
(La Repubblica, G. Brera, 31 maggio 1984)