LA REPUBBLICA (F. BOCCA) - Difficile, forse impossibile da accettare. Anzi le proteste furibonde della Juventus, l’espulsione di Buffon forse all’ultima partita internazionale della sua carriera, il rigore di Ronaldo che sbatte via la Juve all’ultimo secondo dopo averle fatto sognare la qualificazione in seminale, Agnelli terreo in campo e che dopo si precipita ai microfoni a invocare un Var che in Champions non esiste, ci dicono che nessuno ha accettato il risultato. E che il fallo di Benatia su Vazquez, al 4’ di recupero sullo 0-3 per la Juve, passerà alla storia del calcio. C’è? Non c’è? Senza la moviola è probabilmente impossibile giudicare. Forse è anche impossibile spiegare ora che quel fallo – anche se il piede sinistro va sul pallone – è un rischio enorme. E che l’arbitro in questi casi può non perdonarti nulla, e magari regalare qualcosa al Real Madrid. Come in campo internazionale può accadere. E le italiane hanno pagato spesso pedaggio quest’anno. Se esiste una maniera feroce e sadica di essere eliminati è questa, meglio, molto meglio andare al Bernabeu, perdere anche il match di ritorno e amen. Ci si rivede l’anno prossimo. Così no, così resta tutto aperto e tutto sa di incompiuto, di una porta sbarrata in faccia quando proprio stavi per attraversare il traguardo. L’impresa della Roma aveva chiamato e acceso la Juventus. È difficile andare a trovare una spiegazione lì dove una spiegazione non c’è. Il calcio è il mondo dell’irrazionale, a volte addirittura del trascendentale – chiamiamolo l’Eupalla di Brera e gli eventi si susseguono in una non logica, o al massimo una continua “dimostrazione per assurdo”. La Roma aveva teso la mano alla Juventus e l’aveva tirata a forza dentro l’impossibile. Sicuramente esiste un nesso psicologico, forse addirittura parapsicologico, tra i due eventi. L’impresa dell’Olimpico aveva dato un senso, uno scopo alla partita della Juventus. Aveva acceso Buffon, Mandzukic, tutti. La forzata assenza di Dybala aveva dato ad Allegri una Juve più lineare, compatta. A differenza di Di Francesco, non deve inventare niente di particolare, strategie di gioco inconsuete e sorprendenti. Proprio perché la sua strategia è un cambiamento continuo, un adeguamento della Juve di volta in volta. Nessuno gli ha mai reso troppo merito di questa qualità, quasi tutti gli hanno sempre rinfacciato il non gioco. La doppietta di testa di Mandzukic e il gol di Matuidi avevano schiuso un nuovo orizzonte, il Real annichilito e dentro alla Champions per un rigore maledetto, ormai a partita finita. La Juventus non se ne farà mai una ragione.
L’irrazionalità di un mondo e il filo con l’Olimpico
12/04/2018 alle 13:00.