IL TEMPO (E. MENGHI) - Comunque vada a finire, non sarà mai dimenticato. Di Francesco ha fatto la rivoluzione, ha portato la Roma tra le prime quattro d’Europa e la gente in strada, coi clacson e le bandiere, a dar ragione a chi dice che vincere qui sarebbe tutta un’altra storia. L’«inadatto» venuto da Sassuolo ha fatto una cosa più grossa di lui, ha saltato così in alto da rischiare di precipitare e farsi male, invece si è ritrovato nell’Olimpo del calcio. La squadra che era troppo «big» per un allenatore di provincia è diventata più grande grazie a lui. L’ultima cosa che pensava di fare era il tecnico fino a dieci anni fa, quando nemmeno si informava dei risultati delle partite dal suo angolino dimondo a Pescara, la Stella d’Oro, lo stabilimento presoin gestione dopo aver tentato la strada da team manager proprio nella capitale. Non era quello il suo ruolo, non lo era nemmeno pulire col trattorino la spiaggia della sua città natale. Il posto di Di Francesco è la Roma, le semifinali di Champions, i sorrisi dei tifosi che hanno assalito Trigoria il giorno dopo il trionfo. Si è concesso un momento di godimento infilandosi tra la gente per le foto e gli autografi di rito, anche se nella sua testa c’è già il derby e la volontà di non staccare troppo i piedi da terra. Conosce l’ambiente e sull’altalena romanista ci è salito consapevolmente, «ho preso schiaffi ma ho saputo reagire» dice adesso che fioccano i complimenti. Prima era un tecnico bravino con un deficit di personalità apparente, adesso quello stesso uomo è diventato la mente dietro un’opera d’arte da mirare e rimirare, la partita perfetta: Roma-Barcellona 3-0. Ha sconfessato tutto il suo integralismo in una notte per compiere il miracolo europeo, ha abbandonato il 4-3-3 di cui - a Trigoria giurano - è un maestro fenomenale per intraprendere una strada nuova. Un cambio di rotta improvviso, ma mica poi tanto. Di Francesco aveva studiato tutto nei dettagli, lui che ha la terza media ma ha passato l’esame Champions più difficile: da giorni vedeva ed analizzava i video delle gare in cui i blaugrana erano stati messi in difficoltà dall’avversario di turno, a colpirlo in particolare è stato Chelsea-Barcellona 1-1, ottavo di finale dello scorso 20 febbraio. Antonio Conte per 75 minuti aveva messo sotto scacco i marziani di Valverde e l’allenatore romanista ne era rimasto impressionato, di più, ne è stato ispirato. I Blues giocavano col 3-5-2... Non è peccato prendere il meglio dagli altri e lui non ci ha dormito la notte per decidere se seguire quell’intuizione o proseguire col suo credo, che però contro la Fiorentina aveva mostrato (di nuovo) vuoti difensivi inaccettabili in una sfida da dentro o fuori contro i più forti di tutti. Ecco, allora, la rivoluzione del «loco» Di Francesco, impazzito per la Roma: «Continuiamo a sognare, non ci dobbiamo fermare», ha ribadito ieri ai tifosi fuori i cancelli del Bernardini. Road to Kiev, adesso è lecito crederci. Su Wikipedia, alla voce Eusebio Di Francesco, è comparso per pochi istanti un satirico commento: «Curiosità dopo aver vinto la Champions League 2017-2018: gli hanno dedicato una statua al centro della città di Roma e il coro Ave Papa Nostro Di Francesco». Scherzi a parte, il lavoro del tecnico è stato molto apprezzato da tutti: «Ha avuto coraggio nel cambiare - ha sottolineato Monchi - e questo dimostra che il nostro allenatore è forte. È la sua vittoria»