Negli ultimi anni il calcio europeo è visto allargarsi il divario tra i club più ricchi e quelli meno abbienti, come testimonia il fatto che ormai sono sempre meno le sorprese nei campionati e nelle coppe internazionali del Vecchio Continente. Ma questo trend, alimentato soprattutto dalla differenza dei fatturati tra club, rischia di accentuarsi ancora di più nelle prossime stagioni come conseguenza delle nuove norme che l'Uefa sta per introdurre sia in materia di premi da Champions League (di gran lunga la competizione più redditizia) sia in tema di norme sul Financial Fair Play (Ffp), ovvero quell'insieme di regole di bilancio cui ogni squadra deve sottostare per partecipare alle coppe europee. Un risultato, si badi bene, che non è certo frutto del caso ma di una precisa scelta politica che i club più storici e ricchi (e quelli che hanno sfruttato meglio la crescita esponenziale del business del calcio dallo scoccare del nuovo secolo in avanti) stanno mettendo in atto, nei fatti creando una sorta di struttura oligarchica per cui chi è al vertice potrà sfruttare un circolo virtuoso che ne potenzierà ulteriormente i bilanci. E chi invece sta sotto troverà sempre più difficile entrare nella dorata élite del pallone. Le nuove regole allo studio presso le autorità calcistiche europee infatti non sembrano lasciare dubbi in questo senso. Il primo indizio arriva dalla nuova ripartizione dei premi per le squadre che partecipano alla Champions League nelle prossime stagioni. Secondo quanto riportato da La Gazzetta dello Sport nel weekend scorso, la massima competizione continentale sarà ancora più ricca. A partire dal triennio 2018-2021 la Uefa dovrebbe incassare dalla commercializzazione di Champions League ed Europa League circa 3,4 miliardi per stagione, 1,1 miliardi in più rispetto ai 2,3 del ciclo 2015-2018. E questo aumento sarà in gran parte frutto della riforma che consentirà a Spagna, Inghilterra, Italia e Germania, di avere quattro squadre di diritto alla fase a gironi, rendendo la principale competizione europea per club ancora più appetibile per sponsor e tv (ma inserendo anche un primo livello di chiusura verso i campionati con meno tradizione alle spalle). In conseguenza di ciò, aumenteranno anche i premi destinati ai club, che saranno distribuiti secondo nuove modalità rispetto al meccanismo di distribuzione oggi in vigore e che andranno soprattutto a premiare i club più blasonati. Dei 3,4 miliardi che la Uefa incasserà da tv e sponsor, circa 1,9 miliardi saranno destinati al montepremi della Champions League (owero 500 milioni in più rispetto a quanto distribuito fino alla stagione 2017-2018). E in questa nuove veste conterà molto anche la storia. I premi saranno classificati in quattro categorie anziché tre, con l'aggiunta dei risultati ottenuti sinora nelle coppe. I premi da partecipazione rappresenteranno il 25%, il 15% sarà per il market pool (ovvero i denari che si dividono le squadre dello stesso campionato in proporzione al valore dei diritti tv della Champions per ogni nazione), il 30% per i risultati stagionali, mentre un corposo 30% sarà spartito tra i club sulla base dei rispettivi risultati storici. Quest'ultima voce rappresenta la vera novità e sottrae qualcosa al market pool che continuerà a esistere, ma avrà un peso minore passando dai 580 milioni totali del triennio 2015-2018 a circa 300 nel ciclo 2018-2021. Ma soprattutto rappresenta un'altra concessione dellljefa (dopo i quattro posti garantiti ai campionati più importanti) ai club più blasonati. In pratica, i risultati di tutte le coppe, fin dalla prima edizione, sono calcolati e pesati in base all'epoca. Quelli più recenti varranno di più e sarà così stilata una classifica di tutti i tempi nella quale i club con più Coppe dei Campioni — Champions in bacheca avranno dei benefici superiori a prescindere dalle prestazioni attuali. Questa voce vale da sola 528 milioni: la squadra al primo posto ne prenderà 32, quindi a scalare fino all'ultima. Lo statistico olandese Bert Kassies ha ricostruito per il suo sito specializzato i punti raccolti dai vari club negli ultimi dieci anni (si osservi tabella in pagina) mentre ha calcolato i punti legati alla storia dall'inizio delle coppe europee, assegnando 12 punti * alla vittoria della coppa se avvenuta negli ultimi cinque anni, otto se conquistata dalla stagione 1992!93 in avanti (quando si abbandonò la vecchia formula della Coppa dei Campioni) e quattro se il trionfo accadde prima di quella annata Come si può notare nella colonna dei punti da titoli i club con più coppe (Real Madrid, Barcellona, Milan e Bayern Monaco) potranno contare su un cuscinetto di punti a priori, che avrà un bel peso economico quando avverrà la distribuzione dei premi. Un'altra novità recente ma sempre di sapore oligarchico riguarda il Fair Play Finanziario. Eca (l'associazione che raccoglie i principali club europei) e la Uefa infatti stanno lavorando per modifiche importanti al regolamento a partire dalla prossima stagione. «È stato raggiunto un accordo con la Uefa per una nuova serie di regole per il fair play finanziario 2.0», ha spiegato Andrea Agnelli, presidente sia della Juventus che dell'Eca. Al centro delle novita saranno alcuni criteri che velocizzeranno la procedura di controllo. Tra i punti principali, ha spiegato Michael Verschueren, dell'Anderlecht, ci sarà l'adozione di alcuni indicatori su debito e trasferimenti che darebbero la possibilità all'Uefa di mettere sotto la lente i bilanci di un club, passo precedente all'apertura di un'indagine vera e propria. Tra questi, l'esistenza di uno sbilancio stagionale di 100 milioni tra valore degli acquisti e valore delle cessioni. Si tratta, in sostanza, di un modo per accelerare i tempi per quanto riguarda le indagini: attualmente, l'Uefa impiega tra i 18 e i 22 mesi per intervenire sulla situazione di un club. «Si tratta di un saldo di 100 milioni sui trasferimenti, non di un vero e proprio tetto» ha spiegato Agnelli. «E un indicatore, nel caso di deficit la Uefa può andare a controllare i bilanci e accelerare la procedura di controllo e certificare che il Ffp sia stato rispettato dal club. Un altro indicatore che sarà inserito sarà il rapporto tra indebitamento ed ebitda. Ma anche questa misura ha conseguenze che restringono l'ascesa sociale dei club meno blasonati. «Il limite dei 100 milioni di disavanzo potrebbe essere una misura per evitare spese folli tipo quella per Neymar da parte del Psg nella stagione scorsa. Ma per come la vedo io significa anche che un club non appartenente al gotha continentale farà molta fatica a entrare nei circoli delle squadre più forti anche se dovesse disporre di grosse quantità di denaro da spendere sul calciomercato», racconta a Mf Milano Finanza un analista londinese, sottolineando anche il significato oligarchico della norma allo studio. Non è un mistero d'altronde che nelle stanze più segrete alcuni rappresentanti di club importanti non nascondono di ammettere che per le grandi società il sogno sarebbe una formula tipo Eurolega di basket, un campionato chiuso, riservato ai grandi club e gestito dagli stessi, che permetta a ogni società partedpante di incontrare con cadenza settimanale un'altra big europea con evidenti benefici sui bilanci. Il perenne tira e molla tra le istanze «democratiche» della Uefa e quelle oligarchiche dei grandi club (che permettono all'intero sistema di prosperare) sembra insomma propendere verso questi ultimi. In questo quadro è interessante notare un fatto accaduto nel 2016 e passato per lo più sotto silenzio. In quell'anno fu infatti creata la Uefa Club Competitions con il compito di determinare il futuro e la gestione delle competizioni per club, e in cui per la prima volta l'Uefa accettò che metà dei direttori amministrativi fossero nominati dai club.
(Milano Finanza - I. Mondellini)