IL TEMPO (E. MENGHI) - Tornano la Champions, l’agenda piena e il turnover e Di Francesco vuole rimettere il calcio al centro della Roma. Ma è più facile a dirsi che a farsi. Nemmeno a farlo apposta, mentre lui a Trigoria manifesta la volontà di concentrarsi sul campo, mettendo da parte tutto il contorno, perché «qui ci si perde su tante chiacchiere e per costruire dobbiamo fare i fatti», al Suning Training Center di Milano scoppia la polemica 2.0 e la sfida per l’Europa entra nel vivo. La classifica recita: Inter terza a quota 48 punti, Roma quarta a 47 con la possibilità di far scendere in campo i nerazzurri a Genova stasera con le posizioni invertite se alle 15 a Udine riuscirà ad ottenere l’intera posta in palio.
La pressione si comincia a sentire, la Lazio è il terzo incomodo da non sottovalutare e Spalletti, non è una novità, quando il clima intorno a lui diventa pesante inizia a sputare veleno su tutto e tutti, Di Francesco compreso: «Se si riferiva a noi quando ha detto che ci sono squadre che fanno mezzo tiro in porta e magari vincono e stanno più su, ha ragione perché la Roma poteva stare più in alto. Negli anni precedenti era abituata a lottare per lo scudetto assieme al Napoli, una volta è arrivata un punto avanti, un’altra un punto indietro. I suoi riferimenti sono questi». Il tecnico dell’Inter usa il passato come arma per il futuro, prova a scuotere un ambiente che conosce a memoria innescando una miccia che però, almeno al momento, non si accende, perché il divieto di «chiacchiere» vale in primis per l’ex Sassuolo e l’unica risposta deve darla il campo. Fare fatti: «A volte vogliamo il bel gioco e i risultati, ma non sempre si possono ottenere entrambe le cose. Ora abbiamo bisogno dl punti». A Udine non si può sbagliare, perché in questo ha ragione Spalletti. Il distacco dal Napoli è più pesante di quanto ci si aspettasse: «La distanza doveva essere minore e di questo ne sono responsabile. Ci sono tante motivazioni, sicuramente la Champions non ha influito a livello fisico. Siamo agli ottavi e vorrei vedere un po' di ottimismo. Torniamo ad essere quelli di prima. I calciatori devono concentrarsi sugli obiettivi immediati, senza spendere energie su altre cose».
Quelle cose che, per esempio, hanno infierito sulla passata stagione: stiamo parlando di Totti e del suo rapporto complicato con Spalletti. Il primo ha smesso, l’altro si è trasferito a Milano, eppure è rimasta una scia di veleno che ogni tanto torna a galla: «Con Luciano non c'è mai stato un confronto e mai ci sarà, avrei preferito chiudere in un altro modo», la recente rivelazione dell’ex capitano, a cui ieri ha replicato l’allenatore: «Si è espresso in modo inequivocabile e segna un punto preciso di rottura sul nostro rapporto. Da parte mia ci sarà sempre la stessa apertura e disponibilità, poi è chiaro che per il mio ruolo devo gestire delle cose. Se pensa così mi spiace ma non posso farci nulla». Sarà davvero la fine? Il tempo non sembra placare gli animi e nel ciclone polemico ci è finito pure Di Francesco, che una cosa al predecessore forse gliela deve: l’eredità di un 4-2-3-1 prima disprezzato e diventato poi «un valore aggiunto» per la Roma.