LA REPUBBLICA (E. BELLAVIA) - Hai un bel da fare nell’escogitare spot, anche orrifici, per aprire gli occhi ai giovani sui rischi di mettersi al volante avendo alzato il gomito se poi i loro beniamini fanno esattamente il contrario. Fatica sprecata quando la cosa di cui parlano tutti è l’incidente di Bruno Peres schiantatosi alticcio con la sua Lamborghini a Caracalla. Qui non è il caso singolo che interessa, né solo le ricadute sportive che pure hanno un peso, ma, con parola desueta, l’esempio. Perché c’è, o dovrebbe esserci, anche un quantum di valore intrinseco della persona negli stratosferici ingaggi di questi campioni.
Vestendo una maglia con i colori di una città, diventando degli idoli, osservati e acclamati come punti di riferimento si caricano anche di una responsabilità che qualcuno, il club, dovrebbe ricordargli. Qui in ballo non è solo la violazione di un patto tra datore di lavoro e professionista, ma di un modello. Sarebbe ora che calciatori e società ricordassero di essere portatori di un sistema di vita che è fatto di impegno, fatica, sudore e risultati prima che di soldi, successo e vite sregolate.