IL GIORNALE (M. DI DIO) - La terza vittoria di fila dà un messaggio chiaro al campionato: la Roma ha messo la crisi alle spalle e ha un Ünder in più nel motore. Risolto con il Benevento il mal di gol, nel gelido pomeriggio alla Dacia Arena i giallorossi hanno ritrovato anche l’equilibrio giusto tra i reparti, blindando finalmente la porta di Alisson - bravo in un paio di uscite su Perica - rimasta inviolata dopo due mesi. L’Udinese è la vittima preferita dei giallorossi (ieri è arrivato il decimo successo consecutivo, il quinto in terra friulana) e la «spuntata» truppa di Oddo, veramente in partita solo nel primo tempo, non è stata quasi mai capace di impensierire i giallorossi. Ai quali sono bastati un guizzo individuale (quello del turco, al quarto gol in 3 gare) e il cinico sviluppo di azione su errore avversario (Perotti ferma il suo digiuno segnando il suo sesto gol al fotofinish, il quarto all’Udinese) per prendersi i tre punti. Fondamentali prima del ciclo «terribile» con Shakhtar, Milan e Napoli. Voleva i fatti, Di Francesco. Che ieri ha risparmiato Kolarov e ha ritrovato un De Rossi ancora non al top, ma che con la crescita esponenziale del gruppo sta ritrovando alcune certezze e precisione sotto porta. Merito soprattutto di Cengiz Ünder, soprannominato il «Dybala turco» più per la somiglianza fisica con l’attaccante juventino. Il suo sinistro imprendibile per Bizzarri spacca la gara a metà ripresa, ma è la ciliegina su una partita nella quale regala un tiro sventato dal portiere di casa, una rovesciata organizzata in mezzo metro senza fortuna e qualche decina di spunti ignorati.
Il giovane talento di Sindirgi, arrivato come colpo misterioso e a sorpresa di Monchi, ha faticato a inserirsi e ad adattarsi inizialmente al calcio italiano e agli schemi di Di Francesco. Poi il gol risolutivo a Verona e la doppietta al Benevento, con l’esultanza da «soldato» (mano sulla fronte come un saluto militare). Un’immagine che ha fatto subito il giro del mondo. Un gesto «politico» per la vicinanza del calciatore ai militari impegnati nell’offensiva contro l’enclave curdo-siriana di Afrin. Era un giocatore da venti minuti, con il lavoro svolto in allenamento ha imparato a gestire le energie nel corso di una partita. «Con i giovani ci vuole pazienza e lavoro - dice l’allenatore giallorosso - lui è arrivato a Roma con grande umiltà, si allena con impegno ed è tornato dalle vacanze che stava ancora meglio. Prepara il tiro con una velocità impressionante e riesce a nasconderlo fino all’ultimo. A volte forza la giocata quando non c’è, ma fa parte del suo percorso di crescita». Per sbloccare la gara serviva la giocata di un singolo e in questo momento il 20enne Cengiz (un nome che significa Oceano ma che richiama il condottiero Khan che partì dalla Mongolia per conquistare il mondo occidentale) la garantisce quasi sempre. La Roma da trasferta quest’anno ha tradito poco - unico ko in casa della Juve - e solo i bianconeri, il Napoli e la Lazio hanno vinto di più lontano dalle mura amiche. Ma la nuova filosofia tattica applicata da Di Francesco ha dato la svolta.
Ora c’è da trovare conferme a cominciare dalla gara europea con lo Shakhtar. Che preoccupa il tecnico più delle parole al veleno di Spalletti. «Ho cose più importanti a cui pensare, quando parlo di vittorie con un tiro a partita mi riferivo al sano cinismo che hanno alcune squadre e non la nostra. Ma lo ritengo una qualità, non un difetto e il riferimento poteva essere a chiunque. Nessun paragone con la Roma di un anno fa che ha fatto benissimo e non posso far altro che togliermi il cappello». «Ho perso tre secondi per leggere la polemica di Spalletti...», ha commentato ironicamente il ds Monchi.