LA REPUBBLICA (A. SORRENTINO) - E rimangono lì, sospese come e più di prima, mentre davanti galoppano, si allontanano, e qui invece si sta come d’autunno sugli alberi le foglie: le prossime a cadere saranno, dice il mercato, Dzeko ed Emerson Palmieri, ormai verso il Chelsea per 60 milioni più bonus, e arrivederci Cupolone, ci si vede a Belgravia. San Siro racconta che Inter e Roma sono ancora quarta e quinta forza del torneo perché non sono uscite dall’imbuto in cui si sono rinchiuse a dicembre, sono creature imperfette e ancora limitate, sbucano dalla sosta senza aver smerigliato i muscoli infiacchiti, senza aver lucidato gli ottoni. Giocano un tempo di non-calcio a testa, l’Inter il primo, la Roma il secondo, segnano un gol per parte, non ottengono i tre punti e per l’Inter ormai sono sei partite senza vittorie, la frenata continua. Ma dato che la fine di solito rimane più impressa dell’inizio, gli spallettiani escono meglio dal campo e forse lasciano un’impressione migliore per via di quel tambureggiare in area nella seconda parte della ripresa, per quelle occasioni di Icardi, almeno due, enormi, ma sulle stoccate di Maurito, di sinistro e di destro, c’è un Alisson formidabile che gli nega il gol numero 100 in A, prima del sacrosanto pareggio firmato di testa da Vecino su imbeccata di Brozovic, e fanno due gol in campionato entrambi alla Roma. Eppure per almeno 45 minuti la Roma aveva dominato tatticamente la gara, imponendo i suoi ritmi, la sua personalità, a cominciare dal pressing alto sulla rimessa dal fondo e per proseguire con l’aggressione sul povero Gagliardini, massacrato e soffocato in uscita di palla, infatti ne perderà a mucchi, come Cancelo, sempre tampinato. Di Francesco è bravo a disegnare un assetto che da 4-3-3 in fase di non possesso, con Nainggolan esterno d’attacco, diventa 4-2-3-1 con il belga che passa trequartista e il felpato Gerson largo a sinistra, il che obbliga Spalletti a ridisegnare anche il suo blocco di centrocampo con il 4-3-3, con Borja Valero che scivola più indietro. La Roma controlla, l’Inter subisce tatticamente e trova solo imbucate a perdifiato e in affanno per Icardi, o Perisic coi palloni alti per cercare il mis-match in altezza con Florenzi, finché Spalletti non abbasserà Borja Valero per avere più qualità in costruzione, ma la si vedrà solo nella ripresa. Perché intanto arriva il gol romanista su lungo lancio di Alisson che diventa un assist per El Shaarawy, visto che Santon cicca orrendamente il colpo di testa, Miranda ritarda la chiusura e Handanovic pure un po’ l’uscita sullo scavetto del Faraone, così l’Inter chiude per la prima volta in stagione il primo tempo in svantaggio. Ma la ripresa è orgoglio interista, nonostante lo stadio da 60mila rimanga a lungo in silenzio e pure negli affanni e nelle mestizie del periodo, come quel Candreva che continua a trascinarsi per il campo. Però intanto la Roma cala di intensità e di gambe, non ha aiuto da Dzeko, testa già altrove, né da Nainggolan, perché certi Capodanni sono duri da smaltire, e tutti arretrano di una ventina di metri buoni, sui quali si infila l’Inter, cui Di Francesco dà una cospicua mano inserendo difensori a rotta di collo e mettendosi a 5 dietro. È un invito a nozze per un avversario confuso, impreciso epperò con un certo fuoco interno, infatti arriva il pareggio, settimo gol dell’Inter negli ultimi 5’ di gara. Ma quanto hanno da pedalare, queste due, per recitare il ruolo che faticano a interpretare, è ormai chiaro a tutti.
Imperfette e illuse. La bellezza sfiorita di Inter e Roma, simili anche nei guai
22/01/2018 alle 13:52.