IL MANIFESTO (G. SANTORO) - La grande bandiera ritrae il volto di Federico Aldrovandi, il diciottenne ucciso a Ferrara nel settembre di dodici anni fa da quattro uomini in divisa. Quel drappo accompagna i tifosi della Spal, squadra di calcio di Ferrara, compagine dal passato illustre che dopo anni è tornata in serie A. La faccia di Federico accoglie allo stadio Mazza i tifosi ospiti e sventola al seguito delle trasferte dei fer raresi, comparendo nei principali stadi italiani.
IN QUASI TUTTI, perché proprio nella serata di venerdì scorso, giorno in cui si giocava l'anticipo tra i biancoazzurri emiliani e i padroni di casa della Roma, allo stadio Olimpico, il bandierone è rimasto piegato, bloccato all'ingresso dalle forze dell'ordine in quanto non autorizzato, secondo le ferree regole che disciplinano l'esposizione di simboli e striscioni dentro i campi di calcio. Inspiegabilmente, gli occhi di Federico sono stati considerati minacciosi. Forse un'istigazione alla memoria, lo sguardo su un ricordo pericoloso.
LA NOTIZIA È PASSATA quasi in sordina, tra le bizzarrie minori dei bollettini calcistici, a metà tra curiosità e costume. Quelli di Acad, associazione contro gli abusi in divisa che da anni fornisce supporto a chiunque sia vittima di violenze da parte delle forze dell'ordine, hanno deciso di non tacere. Chiedono che lo sguardo di Federico Aldrovandi che non è stato ammesso dentro lo stadio di Roma compaia tra sabato e domenica prossima in ogni luogo, a partire dalle curve degli stadi fino ai palazzi di periferia e i campi di quartiere. "Chiediamo a chiunque di far apparire Federico in ogni luogo possibile delle nostre città, con la dignità e il rispetto che la famiglia Aldrovandi ci ha sempre insegnato", scrivono in un appello che a meno di quarantotto ore dalla sua diffusione ha ricevuto molte decine di adesioni tra diverse tifoserie, dalla serie A alle categorie minori fino alla galassia di formazioni del calcio popolare. Messaggi di condivisione arrivano anche da diverse curve europee. L'elenco, parziale ma già lungo, non possiamo farlo. Il paradosso dei regolamenti impone che la lista delle adesioni non possa essere divulgata, proprio per evitare di esporre gli amici di Aldrovandi di tutt'Italia e non solo, all'accanimento censorio che ha già colpito. Unica sottoscrizione esplicita, per evidenti motivi, quella della Curva Ovest Ferrara: "Aderiremo esibendo nella partita casalinga contro il Verona uno striscione con la scritta "Federico Ovunque" - spiegano i ferraresi - "Perché Federico è davvero ovunque: sulle nostre bandiere e nel nostro cuore, dove nessun divieto potrà impedirgli di entrare".
LA VERITÀ SULLA MORTE di Aldrovandi è arrivata dopo anni di battaglie legali e la testimonianza decisiva di una donna migrante. La sua storia affianca quella di Stefano Cucchi e delle altre vittime di malapolizia. Uno degli scopi di Acad è anche quello di mettere in relazione i familiari delle vittime di abusi. La relazione diventa quasi terapeutica, un mutuo aiuto tra vittime di tragedie differenti con un unico comun denominatore, analoghi muri di gomma e tentativi di insabbiamento. "Federico aveva 18 anni appena compiuti" — commenta Ilaria Cucchi, sorella di Stefano - "Senza di lui io non sarei mai arrivata fin qui. Roma è la mia città, e io amo la mia città, ma io sto con Aldro". "In quello che fanno questi ragazzi meravigliosi non c'è d'aver paura, magari di chissà quale lesa maestà" - approva Lino Aldrovandi, il padre di Federico - "Ci insegnano molto. Ci insegnano ad aver rispetto della vita. Quello sguardo di Federico, severo a guardarci dentro, forse fa paura alle coscienze di tanti e credo che non smetterà mai, per ché altri ragazzi possano un giorno di una qualsiasi domenica mattina assassina, poter tornare a casa" .
DAL NODO FIORENTINO di Acad stanno disegnando la mappa delle apparizioni di Aldro del prossimo fine settimana. "Il divieto che ha colpito i tifosi della Spal lo subiscono ogni settimana tutte le curve" - spiegano * da Acad al manifesto - "Non si può più dire nulla. Lo stadio è sempre stato palestra di provvedimenti repressivi. Basti guardare al Daspo, sperimentato per gli eventi sportivi e poi finito in mezzo alla legislazione securitaria dell'ultimo decreto Minniti-Orlando su 'sicurezza e decoro': si può essere allontanati da un luogo senza interpellare la magistratura".