IL MESSAGGERO (E. BERNARDINI) -Una telefonata per comunicare a Gian Piero Ventural’interruzione del suo rapporto con la Nazionale. Licenziato. Questa la prima mossa del presidente della Figc, Carlo Tavecchio, che affronta il maremoto del calcio italiano da abile stratega. Si è seduto al tavolo che aveva convocato, davanti a lui i presidenti delle componenti federali. «Non mi dimetto», ha ribadito guardando tutti negli occhi. Damiano Tommasi, numero uno dei calciatori, si è alzato ed è uscito. Aveva posto una pregiudiziale per restare lì: le dimissioni di Tavecchio. Cosa succede adesso? La situazione è chiara: Re Carlo dovrà assumersi le sue responsabilità e metterci la faccia. Nessuno è disposto più a prendersi, nemmeno di rimbalzo, gli stracci. E qualcuno sibila il nome di Pierluigi Collina per il futuro.
LA VOLONTÀ – Ecco allora che Tavecchio ha rimesso alla volontà del Consiglio, convocato per lunedì, una sorta di fiducia. O meglio il numero uno di via Allegri si è impegnato a portare una serie di proposte per “riformare” il calcio. Ieri, al quinto piano della Figc, qualcosa è stato già abbozzato: stretta sulle seconde squadre, la richiesta al governo del semi professionismo e un piano più dettagliato sui diritti tv. Un modo per convincere l’opinione pubblica che il palazzo del calcio non trema nonostante le bordate arrivate dal capo dello sport, Giovanni Malagò. Non è piaciuta la sua uscita di martedì in cui invitava Tavecchio a dimettersi. Al presidente della Figc non è andata proprio giù, così come al numero uno degli allenatori Renzo Ulivieri che non ha usato mezze misure: «Si è fatto la domanda e si è risposto da solo. Io non lo riconosco più come mio capo». Malagò in serata ha glissato su Ulivieri e si è limitato ad un «ne prendo atto» sull’esonero di Ventura e le mancate dimissioni di Tavecchio. Frizioni. E allora forse non è un caso che il Consiglio sia stato convocato per il giorno in cui al Coni inizieranno gli stati generali. Detto questo per Tavecchio non è proprio tutto rose e fiori. Da più parti è arrivato l’invito ad una gestione più oculata dei rapporti. La figura del dg Michele Uva è diventata troppo ingombrante e in molti vorrebbero un ridimensionamento. Già ma il direttore generale della Figc è anche l’asso nella manica di ReCarlo per portare sulla panchina dell’Italia Carlo Ancelotti. Il colpo di teatro per uscire da una situazione più che complicata. Ma in questo scenario fondamentale è soprattutto la figura di Cosimo Sibilia, vicario di Tavecchio e suo successore alla guida della Lega Dilettanti, indicato inoltre da tutti come possibile prossimo presidente della Federcalcio. Non è contento della situazione, ma non lo era nemmeno qualche tempo fa. Sibilia ha un peso enorme in consiglio per poter far cadere il presidente. È ben visto da Malagò con cui ha costanti colloqui. E in più di una circostanza potrebbe avergli chiesto di sfruttare l’occasione per salire al vertice prima del tempo. Sibilia però non si espone. In questi giorni ragionerà con il consiglio direttivo dei dilettanti per sondare gli umori. Ma il numero uno dei dilettanti è senatore di Forza Italia dal 2008 e non vuole bruciarsi visto che in primavera ci saranno le elezioni politiche e il suo partito lo appoggia convinto. E allora ecco l’idea di grande appeal: Collina alla guida della Figc. Lo suggerisce la politica. Il presidente della Commissione Arbitri della Fifa (e designatore della Uefa) avrebbe già dato il suo gradimento (ma l’aspetto economico non è secondario nella decisione).