(..) Il turnover della Roma. 15 match stagionali e dunque 14 potenziali cambi di formazione, 59 giocatori mutati tra una gara e quella successiva, vale a dire una media di oltre 4/11 nuovi rispetto al match precedente. Anzi: 4/10, se è vero che Alisson gioca ogni gara che c’è in terra. C’è una sostanziale differenza rispetto al turn over di italica origine. Da queste parti s’è sempre pensato–in un’ipotetica settimana con tre impegni – alla prima gara, poi alla seconda, riservando le rotazioni semmai al terzo match. Di Francesco ragiona in maniera opposta. Osserva il calendario e pianifica, al netto ovviamente di infortuni (che non sono mancati) dell’ultima ora. Pianifica al punto che il suo ragionamento viene difficilmente spostato da una prestazione in campo: se i dati fisici che il suo staff gli mette a disposizione consigliano il riposo per un determinato giocatore, quel giocatore riposerà anche se la partita precedente è stato tra i migliori. (..) È la vera rivoluzione della Roma rispetto alla scorsa stagione, la grande differenza tra Luciano Spalletti e Di Francesco. Il primo limitava i suoi cambi alle sfide iniziali di Europa League, lontane anni luce per impegno rispetto all’attuale Champions. Con una doppia contro indicazione: l’aspetto fisico – la Roma è arrivata con il fiato corto al momento decisivo– e quello psicologico, con buona parte dei giocatori mai fino in fondo coinvolti nel gruppo dei titolari. Di Fra, invece, tiene tutti dentro. (..)
(gasport)