IL MESSAGGERO (U. TRANI) - È semplicemente Eusebio, per strada e allo stadio. In ogni conversazione. Come per il padre Arnaldo che, 48 anni fa, pensò alla Pantera Nera, al più grande attaccante del Portogallo (anche se nato in Mozambico da papà angolano) prima dello sbarco sul nostro pianeta di Cristiano Ronaldo. Qui, e comunque con lo stesso affetto, lo chiamano così perché lo considerano uno di loro. Della Roma. Magari, per chiedergli il più scontato dei selfie, si limitano a quel DiFra sbrigativo, quasi per non disturbarlo. Di Francesco deve pensare esclusivamente alla squadra. E proseguire nella rifondazione. Che va avanti con umiltà e discrezione. In Italia e in Europa.
VETTA PIÙ VICINA – Eusebio non ha bisogno di mettere in piazza la bontà del raccolto. Non indica nemmeno la classifica che è poi l’unica a contare. Ieri, oggi e domani. In 13 partite, ha già 30 punti: 4 in più dell’anno scorso e con 1 gara in meno. Il dato significativo è, però, un altro. La distanza dal vertice è diminuita: i giallorossi, allo stesso turno del campionato scorso, erano al 2°posto e a 7 punti dalla Juve capolista, adesso sono al 4° ma a 5 punti dal Napoli leader e con la sfida contro la Sampdoria da recuperare. Il salto in alto, insomma, è evidente. Soprattutto se si guarda alla differenza reti: migliore quella della stagione passata, più 16 (30 gol fatti e 14 subiti) a più 15 (23 realizzati e 8 incassati). A pesare, però, c’è il rendimento della difesa. Che è la meno battuta e che spesso garantisce il successo, soprattutto in Italia. In serie A, da 10 anni, vince lo scudetto chi prende meno gol.
COINVOLGIMENTO TOTALE – L’impronta di Di Francesco è inequivocabile. La Roma ha il carattere dell’allenatore: si vede quando i giocatori vanno in blocco ad aggredire l’avversario o il reparto, il movimento non è mai del singolo, perché l’unione, quindi il collettivo, fa la forza. E ha la personalità di Eusebio: in ogni match lo spirito è di chi non si accontenta mai e la mentalità di chi, essendo propositivo, prima o poi va a dama. Alla base, però, c’è la condizione atletica. Senza, il suo calcio diventa utopia. Ecco perché, più volte in pubblico, lo abbiamo sentito spiegare come avrebbe voluto passare un’estate diversa. Più in campo che in aereo. A Monchi, il suo principale interlocutore a Trigoria, ha già fatto presente che la prossima vorrebbe organizzarla in maniera differente. Fisicamente, nelle ultime settimane, il gruppo ha però risposto bene: la rotazione,a volte extralarge, ha pagato. La squadra ha sempre potuto contare su giocatori freschi: già 22 utilizzati (compreso Tumminello, ceduto a fine agosto al Crotone) e solo 2 volte la stessa formazione di partenza in campionato, a distanza di quasi due mesi, contro l’Udinese e la Lazio (identica anche quella messa contro l’Atalanta e l’Atletico). Riposati, dunque, con 15 formazioni in 17 partite. E sorridenti: qui nessuno si sente escluso. Nemmeno in Champions, dove i giallorossi sono imbattuti eprimi.
ROSA RIVALUTATA – Meno musi lunghi e più minuti: così la Roma ha preso il volo. DiFrancesco, per entrare nello spogliatoio, non ha usato i muscoli ma i metodi. E oggi la squadra è più completa, nonostante l’unico acquisto estivo nello schieramento iniziale è spesso stato solo Kolarov. I rinforzi eccellenti, Karsdorp e Schick, non si sonomai visti, cioè i sostituti degli ex titolarissimi Ruediger e Salah. C’è chi dimentica in fretta come è stato ottenuto il record di punti (87), in sintonia con chi lo ha definito inadeguato e senza carisma dopo il ko in amichevole contro il Celta Vigo, subito in minoranza davanti al potere dei big. Eusebio non dimentica. Ma, intanto, si è creato da solo l’abbondanza, rigenerando Peres, Jesus, Gerson ed El Shaarawy e alternandoli insieme con i nuovi Moreno, Gonalons, Under, Pellegrini e Defrel. E cambiando in corsa pure il sistema di gioco. Senza versare lacrime a vuoto per i pali colpiti e agli infortuni numerosissimi. Nè sfortuna, nè casualità. «Piange il debole, i forti non piangono mai» fu il messaggio del presidente Viola alla piazza. «Di Francesco ha riportato la romanità» ha detto recentemente Conti. E basta vederlo, quando va all’Olimpico in pullman, per rendersene conto. Con Totti, in prima fila, al suo fianco. Lui non l’ha mandato a casa.