IL MESSAGGERO (S.CARINA) - Due turni di squalifica per riprendere fiato. Due partite contro Spal e Chievo per giocarsi invece le proprie chance, trovare un minimo di continuità e provare a scalare le gerarchie di Di Francesco. De Rossi e Gonalons sono due facce della stessa medaglia. Come speravano a Trigoria, il giudice sportivo ha fermato il centrocampista romano soltanto per due partite, non ravvisando nel colpo inferto a Lapadula l’aggravante del gesto violento ma limitandosi alla «condotta gravemente antisportiva». Arriva dunque il momento del francese che sinora, in mediana – considerando ormai Gerson un attaccante – è stato l’elemento meno impiegato. Appena 282 minuti in campionato (titolare contro Benevento, Crotone e Fiorentina) e 235 in Champions (dall’inizio contro Qarabag, Chelsea a Londra e Atletico a Madrid).
VADO AL MAXIME – Esprimere un giudizio sul suo operato è difficile perché non ha avuto mezze misure. La ‘ricerca del grigio’, tanto richiesta da Monchi quando si analizza il cammino della Roma, non sembra appartenere al francese. Che con Benevento, Crotone e Chelsea ha dimostrato cosa può regalare alla squadra: verticalizzazioni e tenerla più alta in campo, di almeno 10-15 metri. Poi però a Firenze, al netto dell’assist a Gerson, con il Qarabag e l’Atletico ha lasciato spazio a qualche perplessità per (gravi) errori nel fraseggio e la minor capacità di coprire la difesa. I numeri in questo caso aiutano a farsi un’idea: con il francese titolare, la Roma in 6 gare ha segnato la bellezza di 14 reti (2,3 dimedia), rimanendo a secco a Madrid ma ne ha subite ben 8 (1,3), lasciando la porta inviolata soltanto con Benevento e Crotone. Con De Rossi dal via, statistiche invertite: 18 gol segnati in 12 partite (1,5) ma appena 6 al passivo (0,5). La differenza tra Daniele e Maxime (forse) è tutta qui.