IL GIORNALE (T. DAMASCELLI) - Ci sono quelli che scappano. Ci sono quelli che non parlano. Ci sono quelli che non guardano. Ci sono quelli che non si dimettono. E poi ci sono De Rossi Daniele e Buffon Gianluigi. Roba buona e seria, anche se i cosiddetti social stanno scaricando il loro liquame, scavando nel passato remoto di entrambi, secondo usi e abusi delle canaglie del web.
De Rossi, dunque, a fine partita ha messo la faccia davanti alle telecamere e davanti ai sodali svedesi, insultati e fischiati dai settantamila ignoranti di San Siro durante l’inno “Du Gamla du fria” (Tu antico, Tu libero). Il capitano della Roma ha lasciato lo spogliatoio azzurro e ha raggiunto gli svedesi che erano già saliti a bordo del pullman. Ha chiesto scusa per quegli insulti e ha augurato una buona avventura mondiale; lo ha fatto e detto a nome di tutti gli altri azzurri e, mi auguro, non per conto dei gentili signori della federazione italiana, di Tavecchio&C che, in contemporanea, nascosti nelle loro auto blu, con analogo colore della faccia se l’erano svignata, in modo cafone e irrispettoso.
Dinanzi alle parole e al comportamento di De Rossi, erano stupiti gli stessi svedesi e, tra loro, il difensore del Celtic di Glasgow, Mikael Lustig che aveva reagito ai fischi con una frase altrettanto volgare «fottuti cogl.…». Come De Rossi, un altro capitano vero, non soltanto per la fascia portata al braccio, è stato Buffon che, durante. la tempesta iniziale di buuh, ha chinato la testa, quasi provando un senso di vergogna e di imbarazzo, poi unendo le mani grandi ad applaudire, così contrastando e contestando il villano comportamento del pubblico. A volte, più di un gol vincente, più di una parata decisiva, bastano un gesto, poche parole, un segno di rispetto, per ribadire e celebrare una carriera lunga vent’anni. Nessun proclama, nessuna dichiarazione di repertorio, nessuna ricerca dello spettacolo caritatevole, alla ricerca del consenso ma l'atto doveroso e silenzioso, il comportamento degno di due campioni, in una notte acida, dopo un risultato impossibile da accettare, mentre le facce di bronzo, i cosiddetti, sedicenti, codardi capi, avevano preso il largo nella notte nerissima di Milano.