Dopo quel pomeriggio, venerdì 28 luglio, lo scambio è divenuto molto meno frequente. Anche se più che uno scambio allora fu uno scontro planetario: Pallotta che accusa dall’America, Fassone che a Milano replica dall’auto, ancora il presidente della Roma che si scusa. La guerra era stata una guerra di numeri e di parole: pagamenti, debiti e bilanci al centro dell’accesa discussione. Pallotta aveva tirato il primo pugno: «È folle quello che fanno. Non hanno soldi. Loro dicono che è tutto per qualificarsi alla Champions, ma non sarà abbastanza. Quando gli stipendi saranno uguali ai ricavi, non so che diavolo succederà. Sono gli unici in A che stanno perdendo la testa». Questa la risposta di Fassone: Questa la risposta: «Sono sbalordito. Primo per lo stile. Secondo per le imprecisioni: qualunque operazione di questa entità viene fatta abitualmente con la leva finanziaria. Tutto il nostro piano prevede che gli stipendi rimangano tra il 50 e il 60% dei ricavi. Il fatturato del club è straordinariamente migliore percentualmente di quello della Roma. Sono a sua disposizione per confrontarmi sui bilanci miei e della Roma». Infine le scuse di Pallotta, che oggi restano l’ultimo capitolo della saga: «Mi scuso se ho avuto informazioni imprecise. Auguro al Milan le migliori fortune». Pallotta si scusò ma sempre fino a un certo punto: gli auguri valgono da domani.
(gasport)