IL GIORNALE (M. DI DIO) - Il primo anticipo di derby romano, previsto per il prossimo 18 novembre, è un gesto di cattivo gusto. Con la curva Nord chiusa per razzismo, gli ultras laziali lasciati fuori dall’Olimpico dal giudice sportivo sono «rientrati» nella Sud – casa abituale degli «odiati» romanisti – per la gara con il Cagliari grazie all’iniziativa del club di vendere tagliandi a un euro per gli abbonati del settore del tifo caldo biancoceleste. Con l’incentivo di sedere nella roccaforte del tifo giallorosso, chi aveva provocato la chiusura della Nord per i cori contro i giocatori di colore del Sassuolo Adjapong e Duncan ha pensato bene di «personalizzarla» a modo suo. E il campionario della vergogna parla di adesivi con Anna Frank con la maglia della Roma – uno squallido remake di alcuni manifesti apparsi nel 2013 in alcune strade del centro di Roma – o con frasi del tipo «romanista ebreo» o «romanista Aronne Piperno» (il nome dell’ebanista ebreo condannato alla gogna nel film Il Marchese del Grillo) e con ingiuriose scritte antisemite. E dire che la promozione della Lazio si chiamava «We Fight Racism»: chi avrebbe pagato il prezzo simbolico di un euro per acquistare il tagliando della gara, doveva limitarsi a sostenere la squadra e a testimoniare il rifiuto verso qualsiasi forma di razzismo, «sia esso di razza, religione, sesso o politica», recitava il comunicato del club. Spostare la solita minoranza rumorosa del tifo laziale ha addirittura peggiorato la situazione. Alla fine, l’iniziativa della Lazio, al momento valida anche per la gara del 5 novembre con l’Udinese, si è rivelata nient’altro che un artificio per aggirare una pena sportiva.
E un clamoroso boomerang per l’immagine di un club la cui squadra sta entusiasmando in campo nazionale ed europeo. Non è la prima volta, purtroppo, che la parte malata del tifo laziale, così come la controparte altrettanto non sana di altre tifoserie, si macchia di gesti del genere. E il giorno dopo l’esecrabile gesto, arriva la dura protesta della Comunità Ebraica di Roma: «Questa non è una curva, questo non è calcio, questo non è sport. Fuori gli antisemiti dagli stadi», così il presidente Ruth Dureghello su Twitter. Anche la Lazio ha condannato l’episodio: «Restiamo interdetti di fronte a manifestazioni che riguardano un gruppo ristrettissimo di persone, ci preoccupa che pochi sconsiderati possano provocare danni d’immagine a una società che sta facendo ogni sforzo per essere al passo con i tempi», le parole del responsabile della comunicazione del club Arturo Diaconale. E il ministro per lo Sport Luca Lotti parla di «fatto gravissimo, non ci sono giustificazioni: sono episodi da condannare, senza se e senza ma. Sono certo che le autorità competenti faranno luce su quanto avvenuto e che i colpevoli saranno presto individuati e condannati». Gli adesivi e i volantini offensivi sono stati rimossi ieri mattina dagli addetti alle pulizie dello stadio che domani ospiterà Roma-Crotone. Ora quanto accaduto domenica sera è all’esame della procura della Federcalcio guidata da Giuseppe Pecoraro, che oggi aprirà un’indagine sulla vicenda. Possibile il deferimento del club per responsabilità oggettiva e il rischio è quello di una nuova e più pesante squalifica. Anche le forze dell’ordine stanno valutando le immagini all’interno ma al momento non c’è una ipotesi di reato. La Questura ha appreso con grande ritardo la vicenda: dopo la gara non era infatti arrivata nessuna segnalazione da parte degli steward della Lazio presenti all’Olimpico.