LA REPUBBLICA (M. PINCI) - Una discussione animata con gli uomini della procura federale e una sigaretta fumata insieme ai legali, prima di salire sull’auto che l’avrebbe riportato all’aeroporto. Sui nervi del presidente della Juventus Andrea Agnelli pesava il processo sportivo con l’accusa di aver consentito il bagarinaggio favorendo le infiltrazioni mafiose nella curva juventina. E le richieste di pena del procuratore Figc Pecoraro: 2 anni e mezzo di squalifica e 50 mila euro di multa per Agnelli. Per la Juventus invece la chiusura dello Stadium per 2 gare e della sola curva sud per un terzo match, oltre a una multa da 300mila euro: quasi un record senza precedenti. Ma le richieste non sono sanzioni. Dovrà essere il Tribunale nazionale della Federcalcio a decidere se accoglierle, riformulare le sanzioni al ribasso o prosciogliere: ha 10 giorni di tempo, ma da Torino sperano che la sentenza arrivi presto, già lunedì, per mettersi alle spalle il primo grado di una vicenda imbarazzante. «Puntiamo all’assoluzione piena», spiega il legale Coppi.
DOPO LA SENTENZA In caso di condanna, Agnelli fin da subito non potrebbe rappresentare il club in ambito federale. In ogni caso, lui e la Juventus avranno 7 giorni di tempo per fare ricorso: chiedendo anche la sospensiva della squalifica del campo. Importantissima, visto che le prossime due gare allo Stadium sono con la Fiorentina e il derby con il Torino. La presidenza del club non è in discussione, se però la squalifica alla fine dei 3 gradi di giudizio superasse i 12 mesi, Agnelli sarebbe interdetto dal ricoprire cariche federali per 10 anni. Il giudice Mastrocola che presiede la commissione di primo grado potrebbe anche chiedere la «trasmissione a Fifa e Uefa» della sentenza. Nel caso, lo stop potrebbe essere esteso anche all’Esecutivo Uefa di cui Agnelli è membro. Difficile però: in Europa è consuetudine attendere il 3° grado di giudizio, quello al Collegio di garanzia del Coni.
L’INCHIESTA L’accusa è figlia dell’indagine, “Alto Piemonte”, che ha rivelato il business della ‘ndrangheta nella curva della Juve. Bagarinaggio favorito dal club e di cui la Juve era consapevole al punto da aver rapporti - lo incontrò pure Agnelli - con ultrà come Dominello (condannato poi per associazione mafiosa): lo hanno ammesso l’ex direttore marketing Calvo (chiesti 6 mesi e 10mila euro) e il responsabile ticketing Merulla (18 mesi e 10mila euro). Per qualcuno i biglietti erano pagati anche dopo le gare, ma la Juve non lo ha mai confermato, anzi.
LITE A FINE UDIENZA A fine seduta, spazio anche per momenti di nervosismo, tra l’avvocato Maria Turco e la procura. Motivo del contendere, i riferimenti di Pecoraro agli striscioni ultrà portati dentro lo stadio durante un derby dal security manager del club, D’Angelo (richiesta di 2 anni e 10mila euro): per il pm sportivo contenevano scritte su Superga, come certificato dal verbale della procura. La Juve rivendicava che per la vicenda ci sono due rei confessi. Alla fine, meglio fumarci su.