Totti. I 10 momenti indimenticabili

28/05/2017 alle 14:25.
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IL TEMPO (F. SCHITO) - Ci sono momenti nella vita di un uomo, in cui le decisioni che prende o che vengono prese per lui ne cambieranno il corso. Se avesse perso la sua sfida con un poco amato tecnico argentino andando alla Sampdoria? Che il capitano della Roma fosse a un passo dal lasciare la sua squadra per vestire blucerchiato è cosa nota, come lo era il suo pessimo rapporto con Carlos Bianchi, che proprio non vedeva il talento del ragazzo di Porta Metronia. Carte quasi firmate e addio a un passo, un torneo amichevole a modificare per sempre il cammino di un’esistenza. Un triangolare in un periodo dell’ anno anomalo, il 9 febbraio del 1997: la squadra capitolina ospita all’Olimpico l’Ajax di Litmanen e Borussia Moenchengladbach. La serata scelta per scoprire il prossimo acquisto diventa la notte in cui il presidente Franco Sensi capisce di non volersi privare del suo fuoriclasse, che contro le rivali aveva messo in scena gran parte del suo repertorio. Una scelta, quella di rimanere a Roma, ripagata pochi anni dopo con lo scudetto sotto la guida di Fabio Capello. Ricca di significati l’ultima gara di quella stagione, Roma-Parma all’Olimpico, il 17 giugno del 2001. Al 19esimo del primo tempo, sul cross di Candela, scarica un destro potente in fondo alla rete difesa da Buffon dando il là, lui romano e romanista, alla vittoria che vale il tricolore. L’anno successivo Francesco si regala il suo derby più bello, anche se il volto di quel 5-1 è Vincenzo Montella. Ma il capitano gioca una partita straordinaria mandando fuori giri la difesa laziale: prima il tocco a smarcare Candela che crossa per il vantaggio dell’aeroplanino, poi si fa dare palla in mezzo al campo, salta Fiore, Giannichedda, Couto, passa in mezzo a Mihajlovic e Dino Baggio e solo Peruzzi interrompe la sua cavalcata respingendo sui piedi di Montella per il raddoppio. Infine un gol splendido su pallonetto e la dedica a Ilary con la maglietta «6 Unica». Il 2002 per Francesco è un anno straordinario in termini di prestazioni e ne dà dimostrazione anche in Brescia-Roma. Prima regala il vantaggio ai giallorossi su rigore, poi calcia una punizione che va a finire all’incrocio dei pali, infine si prende gioco della difesa esplodendo un destro su cui Srnicek non può nulla: la partita finisce 2-3 e festeggia la sua prima tripletta in A. Un mese più tardi è tempo di entrare nella storia della Roma e del calcio italiano, ancora una volta. trascina la sua Roma al Bernabeu, veste i panni del goleador e regala la vittoria alla sua squadra: da 35 anni un’italiana non batteva il in casa sua. Con l’arrivo a Roma di Antonio Cassano, trova un partner d’ attacco in grado di parlare la sua stessa lingua calcistica e l’imprevedibilità dell’attacco romanista diventa un’arma letale nelle mani di Fabio Capello.

È l’ 8 febbraio 2004 quando all’Olimpico si presenta la . e Cassano sono due folletti impazziti, i bianconeri non trovano il modo per fermarli: finisce 4-0. L’immagine scolpita nella mente dei tifosi resta l’invito, non proprio galante, rivolto a Igor Tudor: «Zitto, ne hai presi quattro, vai a casa». Dovendo scegliere, nessun dubbio sulla «seconda casa» preferita dal capitano. Luci a San Siro per Francesco, che nel primo anno di sale in cattedra con l’: il pallonetto a Julio Cesar è uno dei gol più belli degli ultimi 20 anni. La Roma vince trascinata dal suo simbolo, che segna anche il 3-0 su rigore. Nel 2007 la Roma trova nuova gloria in Europa con la vittoria nel ritorno degli ottavi di in casa del Lione. Oltre al gol splendido di Mancini, dà spettacolo: prima l’assist per (gol annullato), poi il gol del vantaggio di testa non certo la sua specialità – su cross di Tonetto. Dall’Europa all’Europa, con un salto di 7 anni: è il 30 settembre del 2014, nell’era dei social network riceve una provocazione inattesa. Il profilo del Manchester City scherza: «Non vediamo l’ora di ospitare la Roma e un giocatore leggendario come . Ma non ha mai segnato in Inghilterra, giusto?». Il capitano risponde sul campo: scavetto sull’uscita di Joe Hart e nome ben stampato nel libro dei record della come giocatore più anziano ad andare a segno nella storia del torneo. Per un talento così straordinario, mancava solamente una gara ai limiti del paranormale. Il calendario corre fino al 20 aprile 2016, la Roma è sotto 1-2 in casa con il Torino. Il cronometro dice 85’28”, si gioca la carta della disperazione. Non è gestione, è una preghiera. C’è una punizione sulla trequarti di destra: per la testa di , dall’altra parte spunta la sagoma di , che in acrobazia firma l’incredibile 2-2 al primo pallone toccato della serata. Basterebbe, forse. O forse no. Passano due minuti e mezzo e è sul dischetto, per scaraventare in rete il pallone, volare sotto la Sud e lasciare uno stadio inebetito, tra le lacrime e la gioia. Non bastano dieci partite per raccontare cosa ha fatto con la maglia della Roma. Probabilmente non ne basterebbero cento per descrivere i match più belli di questo campione straordinario.