Roma, manichini dei giocatori impiccati davanti al Colosseo. La firma degli ultrà della Lazio

06/05/2017 alle 16:34.
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LA REPUBBLICA (M. FAVALE) - Quattro manichini vestiti con le maglie giallorosse della Roma (su tre di loro ci sono i nomi dei calciatori , e ) penzolano appesi al ponte pedonale che sovrasta via degli Annibaldi. Sopra, attaccato alla ringhiera con un nastro adesivo, uno striscione bianco con su scritto: “Un consiglio senza offesa: dormite con la luce accesa!”. A fare da sfondo al macabro set, a 100 metri, il monumento italiano più famoso, il simbolo della capitale: il Colosseo.

Sono le 23.30 di giovedì a Roma, e ad allestire la scenografia, ripresa con foto e video e rilanciata subito dopo sui social, sono una trentina di tifosi laziali che, completamente indisturbati, mettono a segno l’ennesimo capitolo di una rivalità ultrà che parla soprattutto attraverso i simboli dell’estrema destra. Firmati da Forza Nuova, manichini impiccati erano apparsi già tre anni fa a Ostia durante un blitz anti immigrati. E sempre lo stesso movimento, su quel ponte, aveva attaccato dieci giorni fa, in occasione dell’anniversario della morte di Benito Mussolini, lo striscione “Viva il Duce”. Stavolta, il salto di qualità che fa approdare la notizia sui siti di mezzo mondo sono quei quattro manichini giallorossi penzolanti e un blitz notturno che apre una questione-sicurezza in centro a Roma, con quel ponte che sfugge alla videosorveglianza della zona, concentrata qualche metro più in là, davanti all’entrata della fermata della metropolitana, presidiata, più sotto, dall’esercito con i blindati.
«Sono cose che fanno paura — afferma Sinisa Mihajlovic, ex di Roma e Lazio, oggi allenatore del Torino — come hanno fatto a metterli lì, a pochi metri dal monumento più famoso del mondo?». «Con tutta calma», spiega Giuliano Castellino, portavoce di “Roma ai romani”, sigla di estrema destra vicina a Forza Nuova che aveva firmato lo striscione “Viva il Duce” del 28 aprile. «Quel giorno in pochi minuti abbiamo fatto tutto. Mai trovato qualcuno che sorvegliasse quel ponte». Per Castellino, romanista («Rosico un po’ per quello striscione, ma ci sta»), la scelta cade su quel luogo «perché lo sfondo è da cartolina. È come se appendessimo lo striscione direttamente sul Colosseo».
Così hanno pensato di fare l’altra notte gli “Irriducibili” della Lazio che ieri pomeriggio hanno rivendicato l’azione inquadrandola nel «sano sfottò — scrivono su che genera il derby capitolino». Una settimana fa, durante Roma-Lazio, nella curva dei biancocelesti era apparso uno striscione con su scritto: “Arrivederci al prossimo incubo”. “Dormiremo sogni tranquilli”, era stata la risposta giallorossa. Quello di giovedì notte, insomma, per i laziali sarebbe il terzo capitolo della “saga”. «Non riteniamo di scusarci con nessuno — proseguono gli Irriducibili — in quanto, seppur di cattivo gusto per alcuni, rientra tutto nel sano diritto a deridere l’avversario calcistico di sempre».
«Non chiamatela goliardia o sfottò: è un problema serio», afferma Damiamo Tommasi, ex giocatore della Roma, attuale presidente del sindacato calciatori. «Le prese di distanza da questo episodio non mi sembrano così convinte», dice. Già, perché né la Roma né la Lazio hanno alzato troppo la voce. La società giallorossa non commenta, non denuncia ma, fa sapere, ha fiducia nelle indagini. Quella biancoceleste condanna «ogni forma di violenza, fermo restando che da sempre dopo ogni derby ci sono sfottò ed episodi goliardici». Le parole più dure sono quelle delle istituzioni: «È inaccettabile», dice la sindaca Virginia Raggi. «Questo non è sport», afferma il ministro Luca Lotti.
Sui fatti di giovedì notte, intanto, la Digos indaga per procurato allarme. La procura aspetta l’informativa ma è scontata l’apertura di un fascicolo forse anche per minacce aggravate ai danni dei tre giocatori giallorossi presi di mira nel blitz degli ultrà laziali.