IL MESSAGGERO (A. ANGELONI) - Un allenatore può pensare che il suo capitano, in questo caso Francesco Totti, in certe fasi della sua carriera o sempre, abbia pensato più a se stesso che non alla squadra. Può pensarlo, dirlo o farlo capire. Luciano Spalletti, infatti, lo pensa, l’ha detto o comunque lo ha fatto tranquillamente capire. Non è conveniente però a ricordare, scavare quando, sempre il suo capitano, e in questo caso sempre Francesco Totti, «ha sbagliato sei rigori consecutivi e alla fine quei punti potevano far comodo». Sono dati, riferiti alla stagione 2006-07, sciorinati più o meno a memoria perché fanno sempre riferimento al (suo) discorso sul «pensare a se stesso e non alla squadra», ma deve fare i conti con i dati stessi e alla loro veridicità. A) Quei numeri non corrispondono a quelli che denuncia Spalletti (non sono sei consecutivi, ma sono sette e non consecutivi e soprattutto sono quasi tutti ininfluenti, in cinque ha vinto, una ha pareggiato e un’altra da pari è arrivata comunque la qualificazione alla seconda fase di Champions). B) La Roma quell’anno è arrivata a 22 punti dall’Inter, quindi un punto in più o uno in meno avrebbe cambiato zero. Altro dato significativo: Spalletti sostiene che Totti in quel periodo diceva di volerli continuare a tirare lui e che con quelle dichiarazioni metteva in difficoltà l’allenatore che, dopo il terzo tiro fallito, avrebbe cambiato rigorista. Ma Lucio nelle conferenze dell’epoca sosteneva altro: «Se Francesco voleva continuare a calciarli non c’era problema». Insomma, perché tirare fuori questi dati un decennio dopo? Dati, come detto, sballati. Totti in quella stagione vinse la Scarpa d’oro anche senza quei fallimenti inutili. Altro elemento: l’inizio della stagione successiva è subito Inter-Roma, finale di Supercoppa. Totti lascia il rigore a De Rossi.
DOLCEZZE E ANNUNCI - Se è vero che molti usano Totti, da ieri è vero che tutti usano Totti. Nel bene e nel male. Poi sono dolci le parole del tecnico, che domani o martedì, annuncerà da Trigoria il suo viaggio verso l’Inter, sul Totti calciatore, sulla sua tecnica, sulla intelligenza e sulla personalità. «Ha molte qualità, ha una giocata che ti accorgi che esiste solo dopo averla fatta. Ma essere capitano di una squadra vuol dire donare tutto quello che hai agli altri e lui lo avrebbe anche fatto, ma poi agli altri non gli è arrivato lo stesso messaggio, anche per colpa nostra. È stato messo davanti magari anche annullando la qualità di altri calciatori». Questo può essere anche vero. «La Roma deve vincere, non ci dobbiamo accontentare se ha vinto Totti, lui di titoli e successi ne ha portati a casa tanti. Francesco da solo non basta, altrimenti non saremo qui a dire che la Roma non ha vinto niente e quindi dentro ci sta anche il suo comportamento perché dei numeri importanti li ha fatti. Totti è un dono che ci è stato fatto e che tutti hanno potuto usare e vedere, gli vogliamo tutti bene. Poi ogni tanto viene usato per altri fini». Ieri sera Spalletti è andato a salutare un gruppo di tifosi fuori del cancello di Trigoria: «Siamo tutti per la Roma e dobbiamo remare dalla stessa parte». Oggi l’allenatore gioca per un traguardo, il secondo posto. Al di là della celebrazione di Totti. «Non c’è festa se non si batte il Genoa. La Roma è una squadra fortissima, che qualche volta ha perso, ma che non ha mai tradito. Di questi calciatori ci possiamo fidare, sono tutti giocatori da Roma. Francesco scenderà in campo nella parte più importante della partita». E chissà, magari ci sarà un rigore da tirare.