Se c’è una cosa che colpisce dell’ultimo (ultimo?) capitolo dell’infinita storia tra il capitano, l’allenatore e la Roma, è che il trattamento riservato dal tecnico al numero 10, a San Siro e non solo, fa più scalpore lontano dalla capitale.
I media internazionali parlano di Spalletti «esausto» e leggenda «maltrattata». Se l’amico Maurizio Costanzo conferma come «Spalletti abbia sbagliato con lui, alle bandiere non si dà il contentino», Zeman ammette: «È brutto che sia stata la società ad annunciare il suo addio». Dello stesso avviso chi lo ha visto crescere, cioè Maria, la moglie di Franco Sensi («il problema è la società, manca chiarezza»), e persino il presidente del Coni, Malagò: «Spalletti valuti anche la componente umana». A corredo, anche il parere di D’Alema: «Il suo addio doveva essere gestito dalla società, non da Spalletti».
Mentre c’è chi apprezza poco il silenzio del capitano e sostiene come la sua posizione sia ingombrante (visto che siamo in tema di elezioni francesi, un tweet dice: «Il 30 giugno sarà il nostro 14 luglio, saremo liberi»), ci sono tanti altri che approfittano del loro essere personaggi pubblici per schierarsi con lui: «Le parole di Pallotta – dice Max Tonetto – sono quelle di un presidente che vive a Boston e non si rende conto della situazione», mentre un altro ex compagno di Francesco, Tommasi gradisce poco che «si parli di questo con la squadra che ha vinto 4-1 a Milano. Ma si sa com’è vivere a Roma e andare ogni settimana in sala stampa». Non la frequenta più da tempo Riise, che pure domenica sera twittava e chiedeva a Spalletti di «far giocare Totti almeno 10’» e non l’ha mai frequentata l’attrice Cristiana Capotondi, durissima su Instagram: «Non mi è mai stato simpatico Spalletti, ma credo che abbia raggiunto il massimo della sua esplicita invidia verso Totti. E se non è invidia, quanto meno è totale e assoluta mancanza di senso dello spettacolo».
In fondo, in quell’enorme ambiente romano che è partito da San Siro ed è arrivato fino a Melbourne, passando per Trigoria, ieri si chiedeva solo questo: «Una carezza in più».
(gasport)