Quando (sorprendentemente) la Roma perde 3 delle ultime 4 partite si torna a discutere di un argomento che è un po’ un «evergreen»: il rapporto non facile tra Luciano Spalletti e Francesco Totti. Premessa: a differenza di quanto si vociferava ieri nell’etere romano, tra i due non c’è stato alcun litigio dopo il derby.
Detto che un utilizzo dal primo minuto non è auspicato neppure dai più tottiani, nell’ambiente ci si chiede se – almeno con la Lazio – un minutaggio più corposo avrebbe potuto essere utile a spostare l’inerzia del match. Di sicuro, proprio oggi che taglia il traguardo dei 58 anni, Spalletti è ad un bivio – restare o andare via – in cui anche la variabile Totti ha il suo peso. Ma anche la società esamina l’allenatore. Da Trigoria giungono queste riflessioni: 1) se un anno fa lo stesso Spalletti diceva che era felice di qualsiasi scelta Totti facesse, adesso legare il proprio futuro, da parte del tecnico, con rinnovo del capitano è pretestuoso; 2) se il «leit motiv» di Spalletti è stato spesso: «Ce ne vorrebbero venti come Totti», la replica è questa: ma se ci sono problemi a gestirne uno, come farebbe a gestirne venti?
Ancora adesso, mormorano a Trigoria, quando l’Olimpico invoca Totti, il toscano pare soffrire. Lo fa per il bene del gruppo, dicono gli spallettiani, che aggiungono: ma cosa ha vinto la Roma con Totti in questi anni? Il messaggio è chiaro: il tecnico pensa solo alla Roma e, semmai, soffre il tottismo e non Totti. Possibile. Come è probabile che quei minutaggi finali intristiscano il capitano.
(gasport)