La deadline sul progetto dello stadio della Roma a Tor di Valle è slittata a domani, ma siamo già al Titanic. Tanto che il presidente giallorosso James Pallotta, da Boston, ha rotto gli indugi e affidato ai social ufficiali del club la sua risposta a Beppe Grillo, che ha bocciato la zona perché a rischio idrogeologico: «Ci aspettiamo un risultato decisamente positivo dall’incontro in programma. Se non ci fosse un esito positivo sarebbe catastrofico per il futuro della Roma, per il calcio italiano, per la Capitale e per i futuri affari in Italia». Ogni parola è una pietra. Che colpisce i tifosi giallorossi che ora intravedono lo spettro della dismissione. Del resto il «catastrofico» di Pallotta è anche sul futuro della Roma, significa che il presidente è pronto ad andarsene dopo aver sperimentato l’impossibilità di investire.
Esiste un’alternativa a Tor di Valle? Non secondo i proponenti Eurnova, cioè Parnasi, e Stadio della Roma, cioè Pallotta: «Dopo 5 anni di lavori su un progetto in stato avanzato di approvazione nel rispetto di leggi, regolamenti e delibere, non è in alcun modo ipotizzabile un sito alternativo. L’area è sicura dal punto di vista idrogeologico e il progetto, con investimenti totalmente privati, va a sanare il rischio idrogeologico presente nel quartiere limitrofo di Decima, ben al di fuori del sito dove verrà progettato lo stadio e dove abitano oltre 10mila romani». I legami economici tra Unicredit, Parnasi e la Roma sono fortissimi e rendono quasi impossibile un’altra soluzione.
Intanto l’avvocato Luca Lanzalone, lavora da giorni alla «revisione» della delibera Marino. Studia, cioè, un taglio consistente su cemento pubblico e privato con l’obiettivo di una riduzione dell’intero progetto che, dopo il siluro di Grillo, è destinato a cambiare comunque i connotati. Difficile che i proponenti accettino una super sforbiciata che elimina di fatto il rientro economico.
(corsera)