IL FATTO QUOTIDIANO (C. TECCE) - Per la Procura federale Figc, la struttura inquirente della giustizia sportiva, Andrea Agnelli non ha soltanto incontrato esponenti della malavita organizzata che si spacciavano per ultras e ottenevano ingenti quantità di biglietti, ma ha consentito persino l’ingresso allo Juventus Stadium di petardi e striscioni vietati durante un derby con il Torino. Il materiale sull’inchiesta dei pm torinesi che riguarda la Juventus, i biglietti, i gruppi ultras, la malavita organizzata è voluminoso e dettagliato. Giuseppe Pecoraro, il procuratore federale Figc, ha esaminato le ordinanze di custodia cautelare, le informative dei carabinieri e della squadra mobile, le intercettazioni citate nei fascicoli, i numerosi interrogatori, la memoria di Agnelli e i verbali delle audizioni. Va rammentato che i dirigenti bianconeri non sono indagati e la società non è stata ritenuta parte lesa.
L’EX PREFETTO Pecoraro ha sviluppato gli argomenti esposti dalla procura torinese e, all’ultima pagina del documento di chiusura indagini spedito in dicembre alla società di Agnelli, ha precisato: “Ritenuto di non dovere, allo stato, disporre l’archiviazione del procedimento relativamente ai comportamenti sopra descritti e di avere, pertanto, l’intenzione di procedere al deferimento sulla scorta delle fonti di prova sopra indicate”. Questa postilla finale è necessaria per comprendere la pericolosità delle accuse – possono comportare ammende, inibizioni e squalifiche del campo oltre all’evidente danno di immagine – della giustizia sportiva contro la società bianconera, i dirigenti Alessandro Nicola D’Angelo (addetto sicurezza), Stefano Merulla (responsabile biglietteria), Francesco Calvo (ex capo del settore commerciale, passato al Barcellona). Come già rivelato dal Fatto, Pecoraro attribuisce al presidente Agnelli frequentazioni imbarazzanti e una responsabilità diretta (che ricade poi sulla Juventus) per i rapporti con gli ultras che, secondo la magistratura, macinavano denaro con l’irregolare vendita dei tagliandi: “(Agnelli) ha favorito, consapevolmente, il fenomeno del bagarinaggio, partecipando personalmente, inoltre, in alcune occasioni, a incontri con esponenti della malavita organizzata e della tifoseria ultras e assecondando (questo è il passaggio inedito, ndr), in occasione della gara Juventus-Torino del 23.02.2014, l’introduzione all’interno dell’impianto sportivo, a opera di D’Angelo, di materiale pirotecnico vietato e di striscioni rappresentanti contenuti non consentiti al fine di compiacere e acquisire la benevolenza dei tifosi ultras”. D’Angelo è un amico d’infanzia di Andrea, il padre era l’autista di Umberto Agnelli, e ha sempre smentito contatti fra il presidente e Rocco Dominello, arrestato a luglio per associazione a delinquere di stampo mafioso e fondatore del gruppo “Gobbi”.
MA È UNA TELEFONATA fra D’Angelo e Fabio Germani, ex coordinatore dell’associazione “Italia bianconera”, a insospettire i magistrati sui presunti incontri fra Dominello e Agnelli. Questi incontri vengono confermati dagli stessi Germani e Dominello. Così Pecoraro imputa al presidente la violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità e dell’articolo 12 del codice di giustizia sportiva per le stagioni che vanno dal 2011/12 al 2015/16. Per l’esattezza, Pecoraro fa riferimento per Agnelli ai commi 1,2,3 e 9. La Figc si è dotata di regole puntuali che conviene leggere. Comma 1: “Alle società è fatto divieto di contribuire, con interventi finanziari o con altre utilità, alla costituzione e al mantenimento di gruppi, organizzati e non, di propri sostenitori”. Comma 2: “Le società sono tenute all’osservanza delle norme e delle disposizioni emanate dalle pubbliche autorità in materia di distribuzione al pubblico di biglietti di ingresso, nonché di ogni altra disposizione di pubblica sicurezza relativa alle gare da esse organizzate”. Comma 3 : “Le società rispondono per la introduzione o utilizzazione negli impianti sportivi di materiale pirotecnico di qualsiasi genere, di strumenti e oggetti comunque idonei a offendere, di disegni, scritte, simboli, emblemi o simili, recanti espressioni oscene, oltraggiose, minacciose o incitanti alla violenza”. Comma 9: “Ai tesserati è fatto divieto di avere rapporti con esponenti e/o gruppi di sostenitori che non facciano parte di associazioni convenzionate con le società”.
PER LA GIUSTIZIA sportiva, le posizioni di Calvo, D’Angelo e Merulla sono identiche a quella di Agnelli. Beppe Marotta non è fra i destinatari della chiusura delle indagini perché soltanto agli inizi di gennaio, proprio su indicazione della società, la procura federale è stata indotta a coinvolgere l’amministratore delegato bianconero (già ascoltato, presto toccherà al presidente), forse perché considerato dalla Juve più informato sui fatti rispetto al presidente Agnelli o forse perché la coppia non è più compatta. I dirigenti bianconeri non sono indagati nell’inchiesta di Torino, ma devono rispondere alle contestazione della giustizia federale e poi decidere – se Pecoraro dovesse continuare – la strategia più efficace: affrontare un eventuale dibattimento oppure concordare una sanzione minore. Il documento della Procura federale è seguito con attenzione dai magistrati torinesi, tant’è che sarà inserito fra gli atti del processo sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta che comincerà il 23 marzo. Gestire i biglietti per la squadra più titolata d’Italia, la Juventus, squadra capace di vincere cinque campionati di fila e di competere con le società europee, è un affare redditizio. A ogni partita lo Juventus Stadium è pieno. Sembra quasi ovvio che la criminalità organizzata cerchi - a suo modo - di entrare nel business. A mettere la Direzione distrettuale antimafia in allerta, però, sono state alcune indagini nelle quali, in modo accidentale, non sono emerse soltanto le attività illecite degli indagati, ma anche la loro passione per le curve e il loro interesse ad accaparrarsi biglietti e abbonamenti da rivendere.
QUALCOSA era già emerso, ma doveva essere sembrato un caso sporadico. Il leader del gruppo ultras “Bravi ragazzi”, Andrea Puntorno, viene arrestato il 25 novembre 2014 per traffico internazionale di droga tra l’Albania, la Sicilia e Torino. Le forze dell’ordine lo ritengono vicino ai clan mafiosi di Agrigento, città in cui è nato nel 1977. Nel corso delle indagini emerge che insieme a un altro degli arrestati, Maurizio Albertin, ultras considerato vicino alle “famiglie calabresi”, gestisce col capo ultras anche alcuni abbonamenti per entrare allo stadio. Per i carabinieri erano abbonamenti comprati con denaro del gruppo, intestati a prestanome e ceduti per le partite a prezzi maggiorati. La faccenda si fa più chiara alcuni mesi dopo. Il 9 giugno 2015 due uomini vengono arrestati per l’estorsione.