IL MESSAGGERO (S. CANETTIERI / L. DE CICCO) - In principio fu un «no» alla speculazione edilizia a Tor di Valle, quando ancora erano quattro consiglieri di opposizione alla giunta Marino. Poi, in campagna elettorale, arrivò l'annuncio di Virginia Raggi: «Cambieremo la delibera sullo stadio». Teoria fatta propria dall'assessore all'Urbanistica Paolo Berdini che del sogno immobiliare di Pallotta e Parnasi ha sempre contestato tutto: il milione di metri cubi di cemento (solo il 15 per cento dei quali per l'impianto sportivo), l'area (un'ansa del Tevere giudicata «una scelta folle») e le eventuali infrastrutture collegate. Dopo mesi di tira e molla la giunta, o meglio la fronda «più stadista dello stadista (Berdini)», vorrebbe attuare solo una leggerissima sforbiciata all'«Ecomostro», tagliando appena «il 20 per cento» delle cubature destinate al vero business dell'operazione: alberghi, uffici, negozi e ristoranti. Tre grattacieli alti fino a 220 metri più altri 15-16 edifici commerciali. A farne le spese sarebbero due delle tre torri, che diventerebbero comunque due palazzi. L'«Ecomostro», quindi, resta. Questo è l'impegno che la sindaca si è presa ieri mattina con il direttore generale dell'As Roma Mauro Baldissoni e il costruttore Luca Parnasi. «I tecnici sono al lavoro per migliorare il progetto stadio nel rispetto dei tempi», ha detto la Raggi al termine del vertice.
IL FORFAIT Alla riunione, a sorpresa, non era presente l'assessore Berdini («mi stavo occupando di uno sgombero», si è giustificato), che ieri sera fino a tarda notte si è visto con la Raggi e il resto della maggioranza per trovare un'intesa. Che non sembra conciliabile con le dichiarazioni che il titolare dell'Urbanistica aveva rilasciato un mese fa a questo giornale: «Se passano i grattacieli mi dimetto, vanno tagliati almeno i 2/3 delle cubature per rispettare il piano regolatore e dobbiamo riscrivere la delibera sull'utilità pubblica approvata da Marino». È su questo punto che si sta consumando uno scontro politico dal finale imprevedibile. Che, se vincesse la coerenza, dovrebbe portare alle dimissioni di Berdini. Una decisione, in ogni caso, va presa. I tempi corrono: giovedì riprenderà la conferenza dei servizi. E la Regione aspetta «le carte» da Palazzo Senatorio. L'intenzione di Raggi e soprattutto del vicesindaco Daniele Frongia - più «stadista» di Berdini, che vorrebbe costruire solo l'impianto sportivo senza grattacieli - è di evitare una nuova delibera a questo punto. Perché rischierebbe di far partire da capo l'iter del progetto. Il Comune vorrebbe procedere a una manovra border line, tagliando le cubature direttamente in Conferenza. Anche se con questa manovra - sforbiciando un po' gli edifici commerciali - verrebbero meno alcune le infrastrutture prescritte dalla delibera varata nel 2014 dalla vecchia amministrazione. Come il prolungamento della metro B - già bocciato dall'Atac e che verrebbe rimpiazzato con il potenziamento della Roma Lido - e probabilmente anche il ponte sul Tevere. Ma nel provvedimento del 2014 si legge chiaramente che se anche «solo una» delle opere pubbliche fosse saltata, sarebbe decaduto l'interesse pubblico del progetto. E infatti la mossa è già finita nel tritacarne delle polemiche. Per Italia Nostra, «così si sottrae la decisione agli eletti dell'Assemblea capitolina per lasciarla ai funzionari. Da questa giunta ci aspettavamo discontinuità». Anche per il Pd, con Marco Palumbo, «con il taglio delle cubature l'iter ricomincia da capo».