IL TEMPO (F. M. MAGLIARO) - Altra giornata sull’ottovolante per il progetto dello Stadio della Roma di Tor di Valle. Fumata nera nella Conferenza di Servizi, tornata a riunirsi in sessione plenaria dopo un dicembre di tavoli monotematici: anche questa volta, nonostante le premesse trapelate dal Campidoglio circa una seduta in cui sarebbero state, finalmente, prese delle decisioni, la giornata va segnata sull’agenda per i «non si è parlato di». Seduta chiusa, quindi, senza decidere nulla tranne l’aggiornamento al 31 gennaio. La chiusura dei lavori della parte decisoria della Conferenza è fissata per il 1 febbraio (non più per il 6): perciò, di fatto, il 31 gennaio diviene il d-day. Nessuno dei temi caldi su cui si è dibattuto nelle scorse settimane è stato affrontato, soprattutto non si è parlato di cubature. E, mentre il Comune ancora chiede integrazioni documentali, non è stato approvato nessun atto formale che ufficializzi la posizione finale del Campidoglio sul progetto. E, quindi, dalla Regione parte l'ennesimo schiaffo in faccia all’assessore grillino all’Urbanistica, Paolo Berdini. Dice il suo omologo regionale, Michele Civita: «Manca ancora la certezza sulla procedura urbanistica. Il tempo sta per scadere perché entro il 31 gennaio il Comune dovrà formalmente produrre degli atti. Non so se una variante urbanistica ma è chiaro che se non ci saranno atti questo pregiudicherà tutti i lavori della conferenza. I rappresentanti del Comune hanno dato disponibilità a produrre questi atti. Aspettiamo. Deve essere però chiaro che se non arrivano questi atti urbanistici da qui al 31 gennaio, la conferenza non può andare avanti, si rischia lo stop».
Insomma, la Regione scalpita e appare sempre più stufa della melina dei funzionari del Campidoglio (a proposito: la rappresentante comunale ufficiale, Vittoria Crisostomi, in ferie e in attesa di reintegro dopo la richiesta di archiviazione, è stata sostituita da Fabio Pacciani, a capo dell’Ufficio Piano Regolatore) che, in Conferenza di Servizi, parlano ma poi non portano atti formali. Quindici giorni ancora, perciò, per capire come andrà a finire questa lunga impasse. Sotto traccia, intanto, inizia a trapelare dagli uffici capitolini quale potrebbe essere la soluzione della querelle. A sparire potrebbe essere il parco fluviale, opera accessoria sulla quale non è stato votato il pubblico interesse. Un’opera che, stando alla delibera di Marino, i proponenti dovevano solo progettare e pagare ma che avrebbe realizzato il Comune. Si tratta di quelle opere pagate come «contributo di costo di costruzione», che si potrebbe definire una sorta di «tassa» che, chi costruisce, paga in contanti al Comune e che non dà diritto a cubature a compensazione. Queste opere sono: il parco fluviale (progettato Kipar) e la sua videosorveglianza, i due pontili di attracco sul Tevere, il sottopasso di via Luigi Dasti alla Magliana. In totale, queste opere verrebbero finanziate dalla Roma con circa 24 milioni di euro.
Però, visto che la realizzazione del Parco fluviale prevede l’esproprio dei terreni di proprietà di Armellini, qualora il Parco saltasse, gli espropri non sarebbero più necessari. Quindi, i proponenti non solo pagherebbero di meno per i mancati espropri, ma riducendosi la superficie dell’intero intervento, verrebbe ricalcolata in diminuzione anche la superficie utile lorda (Sul, il parametro che determina le cubature a compensazione). Insomma, questa operazione garantirebbe giusto una sessantina di milioni di euro di fondi. Questi risparmi, chiamiamoli così, verrebbero impiegati al posto del finanziamento di circa 50 milioni di euro per il trasporto pubblico, che producono cubatura a compensazione. Alla fine dei conti, spariscono parco fluviale, sottopasso e attracchi sul Tevere e, con quei soldi che sono obbligatorie non producono compensazioni si paga la metro o i treni della Roma-Lido ma senza avere cemento in cambio. E, di conseguenza, si può scontare questo famoso 20% di cubature delle torri senza toccare le opere pubbliche su cui è stato votato il pubblico interesse. Facendo due conti, visto che ogni treno costa circa 8 milioni di euro, significa poter acquistare almeno 6 nuovi convogli da destinare direttamente alla Roma-Lido di Ostia. Insomma, per tagliare 25 piani totali delle tre torri, si sacrificheranno 40 ettari di parco.