IL MESSAGGERO (S. CARINA) - Lo scudetto si gioca in difesa. Questo, almeno, è quello che ha detto il campionato italiano nell'ultimo quinquennio bianconero. E non solo. Perché per trovare un torneo vinto da una squadra che non vantava il miglior reparto difensivo, bisogna tornare indietro di dieci anni. Nel 2006-07 lo scudetto andò all'Inter che concluse il campionato con la seconda miglior difesa (34 reti al passivo) a pari merito con la Roma, seconda, ma dietro alla Lazio (33), terza. Un'eccezione, perché il copione è sempre il solito: vince chi subisce meno. In molti obiettano che il dato importante a fine stagione sia quello della differenza reti. Più alta è, più in alto si troverà la squadra che lo avrà realizzato. Questo è vero in parte: due anni fa, ad esempio, la Roma chiuse seconda il torneo con +23 mentre la Lazio, terza, a +33. Gira che ti rigira, quindi, è sempre la difesa a fare la differenza e la Juventus è lì a dimostrarlo: 20, 24, 23, 24 e 20 gol subiti negli ultimi 5 anni dove soltanto in due casi (2014-15 e 2013-14) ha avuto anche il miglior attacco.
RITROVATA SOLIDITÀ - Il fatto che la Roma nelle ultime tre partite (Europa League compresa) abbia mantenuto la porta di Szczesny inviolata, va dunque salutato in modo positivo. Attualmente la squadra di Spalletti ha la terza difesa della serie A insieme al Chievo (16 reti al passivo), dietro il Napoli (15) e la Juventus (14). Soltanto due mesi fa, era nona con nove reti prese in appena 7 gare. Non è un caso che la risalita in classifica sia coincisa con un reparto arretrato più attento. Davanti al portiere polacco - che ha ritrovato la brillantezza fisica che sembrava averlo abbandonato in avvio di stagione - ci sono due centrali che formano finalmente una coppia. Da una parte l'esuberanza fisica e la velocità di Manolas, dall'altra l'essenzialità di Fazio, poco appariscente ma sempre efficace. Bene anche Rüdiger che nel ruolo di terzino destro ha prima annullato nel derby Keita per poi ripetersi contro il Milan con Niang. E non va dimenticata nemmeno l'ascesa di Emerson. Con una squadra che gioca più corta, con i reparti molto stretti (spesso e volentieri Spalletti in fase difensiva opta per un 4-1-4-1 con De Rossi in versione linea Maginot) e con il baricentro più basso di media di una trentina di metri rispetto a quanto accadeva all'inizio del campionato, anche il brasiliano ha dimostrato di poter entrare nelle rotazioni. Solidità che è coincisa con l'assenza di Salah. L'egiziano infatti non ha eguali nel ribaltare l'azione in velocità ma fatica di più a coprire, allungando inevitabilmente la squadra facendole mancare un uomo in marcatura. Toccherà a Lucio trovare il giusto compromesso.
INCOGNITA MAX - Diverso il discorso per Allegri, costretto dagli infortuni a ripiegare sulla difesa a quattro, consapevole però come la vecchia guardia, Buffon in testa, preferisca giocare a tre. Per domani il ballotaggio dei moduli è apertissimo con il rientro di Barzagli che si candida a giocare dal primo minuto. La vera BBC, in ogni caso, non ci sarà. Potrebbe però venir schierata quella di riserva, visto che per il posto di Bonucci, infortunato, si candida l'ex Benatia. Lucio invece continuerà con la sua difesa tre e mezzo che però è tale solo sulla carta. Perché se è vero che la Roma gira palla a tre, alzando Emerson, già contro il Milan al brasiliano dopo 20 minuti è stato chiesto di rimanere bloccato dietro. E bloccato per bloccato, non è da escludere almeno inizialmente (con Salah pronto a subentrare nella ripresa) nemmeno un reparto con Juan Jesus terzino sinistro (pronto a coprire su Cuadrado, qualora Allegri optasse per il 3-5-2) ed Emerson alto a destra nel ruolo che è stato nelle ultime gare di Peres. Ma questa è un'altra storia, tutta da scoprire.