IL MESSAGGERO (S. CANETTIERI) - Da una parte il «no» della Soprintendenza perché nell'area «sono presenti beni archeologici di valore»; dall'altra lo stop (a parole, seppur molto dure, per il momento) al progetto di Paolo Berdini, assessore all'Urbanistica della giunta Raggi. In mezzo: l'affare calcistico immobiliare di Tor di Valle che continua a navigare in acque più che mai tempestose. A tre giorni dall'incontro in Campidoglio tra il vicesindaco Daniele Frongia e i vertici del club giallorosso, ecco un altro cambiamento di linea. Nemmeno 72 ore e si è passati dal «andiamo avanti con questo progetto» di Frongia al perentorio o vengono ridotte le cubature o salta tutto. Intanto l'affare è «incagliato» nella conferenza dei servizi, che teoricamente va avanti nonostante la linea fluttuante del Campidoglio. Che suona così: sì allo stadio, no alle speculazioni edilizie.
LA STOCCATA - Proprio ieri Berdini, stadista mascherato, è stato netto durante l'audizione in consiglio regionale: «La scelta dell'area è stata una follia, messa in conto all'amministrazione pubblica. Tutto questo fa bene alle casse di qualcuno, ma non al Comune». E ancora: «O la Roma rinuncia a 220 milioni di progetto che non ci servono oppure pensi a un'area diversa da Tor di Valle». Per Berdini si può «tornare in conformità del piano, che prevede 63 mila metri quadri». Dunque la Roma potrebbe fare lo stadio con la zona commerciale a corredo senza più due torri? «Se il progetto è questo io posso firmare una cambiale adesso». Oppure? «La Roma potrebbe avere un'illuminazione e pensare che ci sono infinite altre zone di Roma che dallo stadio possono avere un ritorno di immagine, Tor di Valle è una zona deserta. Avere uno stadio a costo zero è una cosa, ma qui ci sono 200 milioni di soldi pubblici».
Per arrivare al dimagrimento dell'«ecomostro», che è stato approvato con una volumetria da quasi 1 milione di metri cubi, serve una nuova delibera per la pubblica utilità, che sostituisca quella approvata dalla giunta Marino, altrimenti il progetto, seppur su un binario morto e controverso, va avanti. E serve una variante al piano regolatore, anche questa da sottoporre al voto dell'Aula Giulio Cesare. La giunta pentastellata, sempre per bocca del suo assessore all'Urbanistica, fa capire che è pronta a rimettere le mani alla delibera in consiglio comunale. In cambio della diminuzione della volumetria con la nuova delibera dovrebbero saltare una serie di opere pubbliche, considerate «inutili» dal Comune, come il prolungamento della Metro B da Magliana a Tor di Valle, il ponte sul Tevere, idrovore per lo smaltimento dell'acqua piovana. Davanti alle parole del collega del Comune, l'assessore regionale alle politiche del territorio ha risposto così: «Se le modifiche proposte da Berdini si tramuteranno in atti credo proprio che si bloccherà la conferenza dei servizi. Questa non può che prendere in esame questo progetto».
LA STRONCATURA - C'è poi a minare un progetto controverso dalla nascita il parere, non vincolante, della Soprintendenza. Scrive infatti Margherita Eichberg che la zona in cui dovrebbe sorgere lo stadio della Roma «è situata in un'ansa del Tevere ancora pressoché integra dal costruito che costituisce un'estesa zona aperta caratterizzata e dalle profondità di campo di visuali». Tra le osservazioni del soprintendente anche il fatto che in quella zona «si riconoscono presenze archeologiche diffuse, relative ad infrastrutture fluviali, assi viari di primaria importanza e pertinenze funerarie anche monumentali nonché complessi abitativi il cui arco cronologico va dall'età del bronzo alla tarda età imperiale». «Si tratta dunque - prosegue il documento - di un sito meritevole di tutela e riqualificazione su cui emerge la sagoma organica dell'ippodromo do Tor di Valle riconosciuto come significativo esempio di architetture contemporanea».