L’audizione in Commissione Urbanistica regionale degli assessori all’Urbanistica della Regione, Michele Civita, e del Comune, Paolo Berdini, di ieri ha riservato la sgradevole sensazione – per Pallotta – che il difficile debba arrivare sul fronte stadio della Roma, tant’è che alla fine Civita ha detto: «Se passa la linea di Berdini, stop alla conferenza dei servizi».
Non solo. Ieri è uscita allo scoperto anche la Soprintendenza Archeologica, con un documento (non vincolante) peraltro partorito il 25 ottobre e quindi già sul tavolo della Conferenza dei Servizi, nel quale si evidenzia come le procedure seguite per la Valutazione di Impatto ambientale, non siano accompagnate «da alcuna istruttoria né da un elenco che permetta di verificare la completezza della documentazione». Si parla anche di «scarsa chiarezza sulle procedure attivate», senza contare che «non risulta il coinvolgimento del Ministero sui piani paesaggistici e su quelli particolareggiati». Sul progetto in sé, poi, la Soprintendenza è severa: «Si ritiene che la relazione paesaggistica non sia stata affatto formulata» ai sensi delle norme vigenti, che manchino una serie di elaborati fra i quali delle «fotosimulazioni» dell’area di Tor di Valle prese «dai vari punti di vista notevoli della città» come le «terrazze del Gianicolo, il parco degli Aranci, il Vittoriano». Inoltre, «gli elaborati non hanno tenuto in nessun conto né delle valutazioni di criticità né delle richieste integrative avanzate dagli uffici del Mibact riguardanti nello specifico la lettura complessiva degli ambiti paesaggistici». Non sorprende, poi, siano individuate criticità «la presenza di edifici di notevole altezza oltre che di opere infrastrutturali che vanno ad interferire con i beni monumentali e paesaggistici», criticità che avrebbero «dovuto determinare una variazione della proposta nonché influire sulla dichiarazione di pubblica utilità». Nonostante la frase finale, che sembra un macigno, dalla Roma filtra ottimismo perché le obiezioni sono giudicate secondarie.
Poi il Berdini pensiero: «È un progetto che non reputo positivo, perché porterà un beneficio nelle casse di qualcuno ma non in quelle del Comune». Dalle idrovore al ponte pedonale, dai parcheggi ai servizi pubblici, Berdini ha demolito il progetto così com’è, concludendo: «La nostra posizione è dunque duplice: o la Roma rinuncia a 220 milioni di opere che non servono alla nostra città, facendo quindi 63.000 mq di superficie (sarebbero due Hilton) oppure la Roma potrebbe valutare infinite altre zone per fare lo stadio. Avere uno stadio in periferia a costo zero è una cosa, se invece costa 200 milioni di soldi pubblici non va bene». La morale è chiara: «Io non ho detto no allo stadio, ma se devo ingoiare tre milioni di metri cubi, non c’è bisogno di me».
Filtra dal Comune l’ipotesi che si prepari una nuova delibera che indirizzi il progetto verso direttive «berdiniane», e mettendo Pallotta davanti a un nuovo aut aut: o come diciamo noi, o niente Pubblica Utilità. Non basta. Ci sono altre due variabili. Se il 4 dicembre al referendum costituzionale vincesse il «sì», potrebbe cadere il governo e così l’ipotesi di far avocare al Consiglio dei Ministri (secondo legge) lo sblocco dell’eventuale stallo proposto dal Comune, rischierebbe di essere un’arma spuntata. Non basta. Corre voce come anche la magistratura possa cominciare a indagare anche in base alle questioni procedurali proposte dalla Soprintendenza. Se così fosse, la richiesta di stop di ogni procedura prima della fine delle indagini da parte dei 5 Stelle, rischierebbe di sancire la fine del progetto Tor di Valle.
(gasport)